La Commissione Europea starebbe preparando un provvedimento per indurre i produttori a utilizzare la stessa tecnologia per ricaricare la batteria dei dispositivi mobili. Nell’occhio del ciclone vi sarebbero soprattutto il connettore Lightning utilizzato da Apple a partire dal 2012 e la tecnologia Qualcomm Quick Charge, supportata da molti dispositivi Android.
Stando a quanto anticipato dalla commissaria europea per la concorrenza, Margrethe Vestager, sul tavolo vi sarebbe già uno studio di valutazione dell’impatto delle nuove misure. La Commissione starebbe valutando se proporre una regolamentazione o se piuttosto cercare un’adesione su base volontaria senza imporre nulla. I produttori di dispositivi potranno decidere se usare il “caricabatterie unico” a livello mondiale oppure se presentarlo sempre e solo ai consumatori europei.
Diversamente rispetto a molti provvedimenti assunti in passato dalla Commissione, quello cui fa riferimento la Vestager non è primariamente incentrato sulla concorrenza (anche se Apple produce un bel po’ di profitti dalle vendite dei suoi cavi Lightning). Piuttosto, l’obiettivo sarebbe quello di introdurre benefici per i consumatori che potranno riutilizzare i vecchi caricabatterie senza doverne acquistare di nuovi (con una riduzione quindi degli sprechi e dei rifiuti RAEE).
Non è la prima volta che la Commissione Europea pensa a qualcosa di simile: ben nove anni fa vi fu il tentativo di accordo su base volontaria tra i principali produttori. In quell’occasione i “pezzi da novanta” dell’industria mobile accettarono di usare il formato Micro USB per tutti i device prodotti a partire dal 2011. Apple, ad esempio, non si adeguò pedissequamente preferendo invece proporre ai clienti solo un adattatore Micro USB.
Adesso l’Unione Europea ci riprova forse ritenendo di poter imporre dall’alto l’utilizzo universale del formato USB Type-C che comunque già di per sé soffre ancora di tante “lacune”: USB-C, ancora tante (troppe) incompatibilità.
L’idea del “caricabatterie unico” non è peregrina ma la Commissione dovrebbe addentrarsi in questioni di natura spiccatamente tecnica che forse non le competono. All’atto pratico USB-C si è trasformato in una “terra di nessuno” dove la confusione regna sovrana, per una frustrante commistione fra specifiche standard e “interpretazioni proprietarie”. Ritenere che il legislatore possa mettere ordine è quasi utopia se neppure l’USB-IF, ad oggi, ha ancora trovato il bandolo della matassa. Basti pensare che USB-IF ha dovuto avviare un programma di certificazione per tutelare i clienti finali ed evitare l’utilizzo di cavi e adattatori inadeguati o potenzialmente pericolosi (qui la lista aggiornata dei prodotti approvati).
Copiando l’identificativo di un articolo riportato nella colonna Part number e incollandolo per esempio nella casella di ricerca di Amazon, si può individuare il prodotto d’interesse e verificarne il costo.