Gli sviluppatori di Google stanno lavorando su GKI (Generic Kernel Image), un progetto che dovrebbe permettere di distribuire “il nocciolo” sul quale Android basa il suo funzionamento con dei semplici aggiornamenti, senza attendere che i singoli produttori hardware facciano proprie le modifiche.
GKI non sarà subito disponibile ma arriverà soltanto con il rilascio di Android 12. L’obiettivo dichiarato dagli ingegneri di Google è ridurre il numero di “fork” ovvero di versioni derivate di Android realizzate dalle terze parti e proporre fondamenta condivise, facili da aggiornare anche per ciò che riguarda gli aspetti legati alla sicurezza.
L’azienda di Mountain View dice di aver lavorato a stretto contatto con i partner produttori di chip e con gli OEM per spostare più a monte lo sviluppo e l’aggiornamento del kernel di Android. È stata una grande sfida, si commenta da Google, addirittura più organizzativa e “filosofica” che tecnologica.
Google sottolinea di aver ampliato il supporto esteso delle versioni LTS del kernel di Android da 2 a ben 6 anni in modo da coprire al meglio la durata di vita dei singoli dispositivi mobili.
Con GKI l’idea è quella di rendere compatibili con gli aggiornamenti e supportati più a lungo un numero sempre più ampio di dispositivi.
Qualunque device che installerà Android R, ovvero la dodicesima versione del sistema operativo, dovrà essere compatibile con il kernel GKI release 5.4 se vorrà superare tutti i test di certificazione Google.
Il kernel GKI, inoltre, debutterà dapprima sui dispositivi Google Pixel ma verrà distribuito con i normali aggiornamenti OTA (over-the-air) su quelli degli altri brand.
Avere un “kernel generico” comune a tutti i dispositivi sotto l'”ombrello” delle versioni LTS sarebbe enorme dal punto di vista della normalizzazione garantendo un’elevata uniformità a livello di sistema. I produttori potranno concentrarsi sui singoli driver ottimizzando il funzionamento del loro hardware.
Come accennavamo in precedenza, il “kernel unico” avrebbe un grande impatto sul versante della sicurezza: il 40% delle problematiche individuate in Android riguardano proprio il kernel. La possibilità di contare su di un kernel aggiornabile sarebbe fondamentale non soltanto lato utente finale ma anche sull’alleggerimento dei costi di manutenzione per i produttori di dispositivi.
Un’altra novità: DSU (Dynamic System Updates). Cos’è e come funzionerà
I tecnici di Google stanno lavorando anche su un’altra interessante novità che è parzialmente presente (e soltanto “dietro le quinte”) in Android 10.
Si tratta di DSU (Dynamic System Updates), funzionalità che permetterà l’attivazione sui dispositivi mobili Android di una speciale modalità dual boot.
Gli utenti potranno caricare una seconda versione di Android sul dispositivo senza cancellare l’installazione principale, usata in precedenza.
Con DSU sarà possibile scaricare e salvare una seconda copia di Android in una partizione temporanea e virtuale che poi potrà essere avviata.
Attivando la nuova funzione si potranno quindi provare nuove versioni del sistema operativo senza causare problemi sull’installazione normale abitualmente utilizzata. Inoltre, renderebbe molto più semplici da caricare e provare le beta delle nuove release di Android.
Per il futuro, inoltre, si sa già che Google ha intenzione di rivedere e, possibilmente, riscrivere da zero lo stack Bluetooth.