TIM, ex Telecom Italia, è la società attualmente designata, su scala nazionale, per la fornitura del servizio universale.
Con tale espressione, ci si riferisce ai servizi minimi che – su richiesta degli utenti – debbono essere forniti alla clientela. Un esempio è “il servizio di telefonia fissa che consenta di effettuare e ricevere chiamate, comunicare via fax, trasmettere dati“.
La normativa, però, non cita – nel caso dell’accesso ad Internet – la fornitura di una connessione a banda larga.
L’AGCOM, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ha quest’oggi comunicato di aver emanato un provvedimento che mira a rivedere “le regole del gioco” per la fornitura del servizio universale.
L’intervento dell’AGCOM si basa su una considerazione largamente condivisibile: “l’attuale ambito di applicazione del servizio universale si basa, in Italia, su una connessione dati (…) a banda stretta (ad esempio mediante modem a 56 kbps), un livello evidentemente non più in linea con i fabbisogni minimi della popolazione servita“.
L’Autorità italiana, quindi, si appresta a rivedere la normativa in maniera tale che il servizio universale possa includere “l’obbligo di fornitura di un accesso alla rete dati a banda larga, che tenga conto delle tecnologie ampiamente disponibili (90% delle abitazioni) e largamente utilizzate (oltre 50%) dalle famiglie“.
La revisione degli obblighi minimi previsti nell’ambito della fornitura del servizio universale, sarà figlia di una consultazione pubblica che verrà a breve avviata.
“Oltre all’ individuazione della banda minima di accesso a Internet, che dovrebbe essere garantita universalmente sul territorio, ulteriore ambito di interesse della consultazione è la determinazione del metodo più efficace e adeguato per garantirne la fornitura ad un prezzo accessibile e i relativi obiettivi qualitativi“, fa presente l’AGCOM.
L’Autorità garante ha poi diffidato TIM ad applicare automaticamente la nuova offerta “Consumer Voce” a tutti gli abbonati residenziali facendo presente come gli aumenti siano estesi a tutta la clientela, anche a quella a basso reddito.
AGCOM ha insomma invitato l’ex monopolista a non applicare, a far data dallo scorso 1° aprile 2016, i rincari delle chiamate per quegli abbonati che hanno deciso di mantenere un profilo “a consumo” senza aderire ad offerte “a forfait”.