La sfida di IBM nel campo dell’intelligenza artificiale e dei cosiddetti “big data” continua. La società ha infatti presentato gli enormi passi avanti compiuti con il supercomputer Watson, un sistema pensato per cercare di replicare l’intelligenza umana.
Watson – il nome deriva da Thomas Watson, l’uomo considerato il padre fondatore della società – è in grado di gestire un’enorme mole di dati fornendo, senza attese ed utilizzando il linguaggio naturale, risposte corrette ed esaurienti a tutti i quesiti che gli vengono posti.
Il supercomputer di Big Blue può rispondere alle domande di cultura generale, a quelle che riguardino argomenti specifici oppure argomentare su di una tematica che è fonte di continui dibattiti. Watson, insomma, può comportarsi come uno studente che ha studiato qualunque argomento preparandosi sulle teorie sostenute dagli esperti e sulle diverse visioni di uno stesso problema.
La macchina, quindi, è capace di comprendere il contesto relativo ad un dato argomento e di analizzare i dati a sua disposizione, con un approccio molto simile a quello umano.
Alla base del funzionamento di Watson c’è “Elastic storage“, tecnologia (simile a ViPR 2.0 di EMC, lanciata la scorsa settimana) che consente di accedere ad ogni tipo di dato che sia memorizzato sui sistemi di storage più disparati. L’idea è quella di facilitare la gestione delle informazioni, velocizzare l’accesso ai dati, permettere alle aziende di ampliare rapidamente le proprie capacità di storage e ridurre i costi.
Una delle prime versioni del software utilizzato nel supercomputer Watson fu utilizzata, nel 2011, per sconfiggere due preparatissimi concorrenti umani nel corso di un quiz televisivo. Watson, proprio grazie ad “Elastic storage“, fu in grado di caricare in memoria 200 milioni di pagine (circa 5 TB di dati) nel giro di pochi istanti utilizzando poi le informazioni contenute nei vari documenti per rispondere alle domande e vincere la gara.
L’architettura di “Elastic storage” consente di lavorare con “big data” dell’ordine delle migliaia di yottabytes (un solo yottabytes equivale ad un miliardo di petabytes o a 1.000 miliardi di terabytes).
A gennaio IBM aveva deciso di investire 1 miliardo di dollari in una nuova unità di business incentrata sulla commercializzazione del software utilizzato per far funzionare Watson. Adesso Big Blue ha già iniziato a proporre il suo supercomputer alle autorità governative statunitensi, ai grandi ospedali così come ad altri clienti di alto profilo.
Ad aprile la società aveva sponsorizzato un concorso, tenutosi presso l’Università del Maryland: gli studenti provarono a realizzare delle applicazioni innovative basandosi sull’infrastruttura offerta da Watson.