In linea di principio, i provvedimenti che ordinano ad un provider Internet la predisposizione di un meccanismo di filtraggio e di blocco delle comunicazioni elettroniche potrebbero rivelarsi illegittimi, anche se questi mirano alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale.
Il parere, espresso dall’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, è figlio della vertenza avviata dalla società belga degli autori ed editori (SABAM, Société belge des auteurs compositeurs et éditeurs), equivalente della SIAE italiana, nei confronti del provider Scarlet Extended SA. Al centro delle lamentele della SABAM, lo scambio di opere musicali protette dal diritto d’autore attraverso i ben noti circuiti peer-to-peer. Come si spiega nel comunicato emesso dall’ufficio stampa della Corte di Giustizia Europea, “la SABAM domandava inoltre che fosse ingiunto alla Scarlet, a pena ammenda, di far cessare tali lesioni, rendendo impossibile o paralizzando qualsiasi forma di invio o di ricevimento da parte dei suoi clienti, mediante software peer-to-peer, di file contenenti un’opera musicale senza l’autorizzazione dei titolari dei diritti“.
Una prima sentenza, del 2004, favorevole alla SABAM ha riconosciuto l’esistenza delle violazioni poste in essere da parte degli abbonati del provider Internet Scarlet e, successivamente, circa tre anni più tardi, i giudici hanno obbligato il fornitore d’accesso a porre in esseregli strumenti idonei ad inibire gli scambi di file protetti da copyright. Sei mesi il termine ultimo per mettere in pratica quanto richiesto e 2.500 Euro la pena pecuniaria fissata per ciascun giorno di eventuale ritardo.
Scarlet ha presentato appello dinanzi alla Cour d’appel di Bruxelles e quest’ultima ha interrogato la Corte di Giustizia per verificare “se il diritto dell’Unione, e in particolare i diritti fondamentali garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali, consentano ad un giudice nazionale di emettere, in forma di ingiunzione, un provvedimento che ordini ad un fornitore di accesso a Internet di predisporre un sistema di filtraggio e di blocco di tutte le comunicazioni elettroniche“.
L’avvocato generale Cruz Villalón ha spiegato che simili provvedimenti, innanzi tutto, sarebbero destinati ad avere validità universale, quindi ad essere estesi a tutti i fornitori d’accesso Internet operanti sul territorio europeo. La responsabilità giuridica ed economica della lotta contro il download illegale di opere piratate su Internet sarebbe così largamente delegata ai fornitori di accesso a Internet. Secondo Cruz Villalón, quindi, “la predisposizione di un tale sistema di filtraggio e di blocco si risolve in una limitazione del diritto al rispetto del segreto delle comunicazioni e del diritto alla protezione dei dati personali, tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali. L’applicazione di un tale sistema limiterebbe inoltre anche la libertà d’informazione tutelata dalla Carta dei diritti fondamentali“. Secondo l’avvocato generale, inoltre, limitazioni particolarmente stringenti come quelle proposte, potrebbero trovare applicazione solamente se fossero basate “su un fondamento normativo nazionale accessibile, chiaro e prevedibile“.
La posizione espressa ufficialmente dall’avvocato generale non vincola la decisione finale che dovranno esprimere i giudici della Corte di Giustizia Europea. Purtuttavia, se le tesi di Cruz Villalón dovessero essere avallate, molte delle recenti deliberazioni (anche italiane) che hanno posto in essere un obbligo di vigilanza a carico dei provider Internet coinvolgendoli nel rilevamento e nella rimozione di materiale coperto dal diritto d’autore, potrebbero essere rimesse in discussione.
Il documento pubblicato sul sito ufficiale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea è liberamente consultabile, in italiano, facendo riferimento a questo documento PDF.