Oggi disponiamo di tanti, troppi caricabatterie. Generalmente uno per ogni singolo dispositivo. Può capitare quindi di non ricordarsi più quale caricabatterie è quello originale per uno specifico dispositivo, può succedere di non ricordarsi più dove è stato collocato o, semplicemente, un caricabatterie può danneggiarsi necessitando di essere sostituito.
La domanda che in molti si pongono è la seguente: è possibile utilizzare in sicurezza un caricabatterie di un altro dispositivo mobile o addirittura di un notebook per ricaricare il proprio smartphone? Può funzionare e quali sono le eventuali controindicazioni?
Con la crescente popolarità degli standard USB-C e USB-PD la risposta breve è: sì, si può fare. Almeno in generale.
Il connettore USB-C è stato formalmente presentato nel 2014 dall’USB Implementers Forum (USB-IF), organizzazione senza scopo di lucro che riunisce aziende leader del settore come Apple, Microsoft e Intel.
USB-C (conosciuto anche come USB Type-C) è stato concepito con l’idea di creare uno standard universale per risolvere diversi problemi propri delle vecchie versioni di USB. Completamente reversibile, l’USB-C avrebbe dovuto essere un connettore abbastanza piccolo da adattarsi agli smartphone ma abbastanza robusto per alimentare i computer portatili. E così è stato.
Sebbene infatti Apple sia ancora oggi restia ad abbandonare il suo storico connettore Lightning usato sugli iPhone, la Mela ha introdotto il connettore USB-C con lo standard USB 3.1 già nel 2015 nei suoi MacBook da 12 pollici e nei nuovi MacBook Pro. Successivamente è stata la volta degli smartphone dei vari produttori.
Arrivati al 2021 USB-C è diventato il nuovo standard in tutti i tipi di dispositivi: la maggior parte degli smartphone Android usano una porta USB-C mentre un prodotto come l’iPad usa una USB-C che aderisce tra l’altro alle specifiche Thunderbolt 3.
La Commissione Europea sta lavorando per imporre un “caricabatterie universale” basato proprio su USB-C: L’Europa prova di nuovo a proporre o imporre il caricabatterie universale. Nonostante Apple si sia messa di traverso: Apple rigetta l’idea di connettore e standard di ricarica imposti dall’Europa.
Non è solo questione di connettore ma anche di protocollo
Avere un connettore USB-C sui propri dispositivi non rende automaticamente ogni caricabatterie compatibile con qualunque altro device. Il connettore USB-C è semplicemente l’interfaccia fisica; i dispositivi devono anche far uso di un protocollo di ricarica compatibile.
Se si dispone di un notebook che usa il connettore USB-C anche per la ricarica della batteria, allora è anche molto probabile che supporti USB Power Delivery (USB-PD).
Si tratta del protocollo più comune al giorno d’oggi che permette un’uscita fino a 20V/5A (100W) nei computer portatili. È anche il protocollo dietro le tecnologie di ricarica veloce presentate da Apple e Google negli iPhone e nei Pixel più recenti.
Oggigiorno tutte le batterie dispongono di un controller di carica incorporato che regola la tensione d’ingresso e previene il sovraccarico; ciò perché la maggior parte dei caricabatterie supporta ormai anche diversi livelli di tensione in uscita.
Quando si collega un caricabatterie a un dispositivo, il caricabatterie stesso e il dispositivo avviano una “negoziazione”: il dispositivo indica “quanta tensione” e “quanta corrente” può gestire in ingresso; il caricabatterie, da parte sua, fornisce l’energia richiesta con tensioni e correnti “concordate”.
È “il sale” di USB-PD: diversi “profili” V-A permettono di ottenere i Watt richiesti dal dispositivo collegato a valle.
Il grafico, realizzato da Texas Instruments, mostra i profili previsti: 15W possono essere ad esempio forniti con le combinazioni 5V/3A e 9V/1,67A; 20W con 9V/2,3A.
Se si collega un caricabatterie che offre una potenza in Watt uguale o maggiore rispetto a quella fornita dal caricabatterie originale, la ricarica verrà effettuata alla potenza prevista dal sistema.
Se viceversa il caricatore fornisse una potenza inferiore a quella del caricabatterie originale, la ricarica avverrà alla potenza più elevata possibile anche se non tutti i dispositivi accettano questa situazione: alcuni interrompono la ricarica collegando un caricabatterie meno potente rispetto a quello originale.
Supponiamo che un caricabatterie eroghi 90W (20V/4,5A). Collegato con un altro notebook che richiede 87W (ad esempio un MacBook Pro), esso funzionerà a 20V/4,35A offrendo l’energia richiesta.
Dal momento che il valore di 4,35A è inferiore a 4,5A il notebook potrà essere caricato senza problemi e in sicurezza a 87W.
Allo stesso modo, smartphone che richiedono 18W a 9V non scenderanno al profilo a 15W se, ad esempio, il caricabatterie da 27W loro collegato offre 5V/3A e 9V/3A.
Il controllo che viene effettuato consiste nel verificare che alla tensione richiesta l’amperaggio sia uguale o maggiore rispetto a quanto stabilito. Durante la fase di negoziazione viene espressamente richiesto il valore corretto.
In ogni caso, tutte le combinazioni possibili sono stampate sulla “targa” ovvero sull’etichetta applicata sopra al caricabatterie dal produttore. Da qui è possibile desumere tutti i profili negoziabili.
Ovviamente, quando la batteria risulta scarica la corrente tenderà a essere impostata dinamicamente su valori più elevati mentre quando sarà quasi carica l’operazione di ricarica avverrà in modo molto più lento.
Anche se uno smartphone non supportasse la ricarica veloce (vedere Carica batteria veloce: cosa cambia con i vari dispositivi) il collegamento del caricabatterie USB-C per notebook permetterà comunque la ricarica della batteria perché limiterà a usare la configurazione standard 5V/1A.
Tutto quanto sopra presuppone che il caricatore USB-C del portatile sia in grado di negoziare con successo la potenza richiesta dal tuo telefono. Purtroppo c’è ancora sul mercato una piccola minoranza di “falsi” caricatori USB-C che non rispettano le specifiche dettate dall’USB-IF. Incontrarne uno è sempre più difficile ma è sempre bene orientarsi su prodotti originali e certificati (effettuare una ricerca nel database di USB-IF che raccoglie le informazioni sui prodotti immessi sul mercato negli ultimi due anni).
Va detto che i caricabatterie dei nomi più noti differiscono spesso, e anche di molto, l’uno dall’altro: il caricabatterie dell’Apple iPad, ad esempio, fornisce 2,1A/5V; quello del Kindle Fire di Amazon offre 1,8A in uscita mentre molti caricatori da auto tra 1A e 2,1A.
Non è però questo un problema e non lo è mai stato: nel caso in cui fosse l’amperaggio del caricabatterie fosse inferiore rispetto al caricabatterie originale ci vorrà più tempo per ricaricare la batteria. Un caricabatterie con un valore in termini di Ampere superiore rispetto all’originale di solito non crea problemi perché il circuito di ricarica interno allo smartphone non permette sovracorrenti.
Nel caso di USB-C, semmai, il cavo di ricarica può rappresentare un problema e danneggiare il dispositivo al quale è collegato.
In passato USB-IF pubblicava documenti in cui venivano registrati tutti i modelli di cavi approvati e c’erano progetti che, distribuiti sotto forma di fogli elettronici, additavano i cavi da non acquistare. Il consiglio è quello di acquistare sempre cavi di brand conosciuti.
Molti nuovi smartphone offrono il supporto per la ricarica rapida che viene presentata con nomi diversi a seconda del produttore: Qualcomm Quick Charge, MediaTek Pump Express, Oppo VOOC, Xiaomi SuperCharge Turbo, OnePlus Dash Charge, Huawei SuperCharge, Samsung Adaptive Fast Charging, Motorola Turbo Charge e così via.
In questi casi si agisce non solo sull’amperaggio ma anche sul valore della tensione così da aumentare significativamente la potenza erogata. Il caricabatterie modula da un lato l’intensità della corrente ma aumenta a poco a poco anche la tensione in gioco.
L’avvento di USB-PD dovrebbe a poco a poco permettere di accantonare il concetto di ricarica rapida ma buona parte dei caricabatterie USB-C continueranno ancora per un bel po’ a supportare entrambe (USB-PD e la tecnologia di ricarica rapida proprietaria). Comunque, quasi tutti i caricabatterie che supportano la ricarica rapida sono compatibili USB-PD.
Affinché la ricarica rapida funzioni è bene utilizzare il caricabatterie fornito con il dispositivo o un adattatore di terze parti opportunamente etichettato (con “targa” compatibile). Altrimenti ci vorranno diverse ore per ricaricare il dispositivo.