Nel suo rapporto Data Age 2025, IDC prevedeva che le necessità di memorizzazione dei dati sarebbero aumentate a livello globale fino a raggiungere l’enorme quantità di 163 Zettabyte (ZB) entro il 2025: si tratta di dieci volte la quantità di dati prodotti 8 anni prima (uno Zettabyte equivale a un miliardo di Terabyte).
Già nel 2021 Seagate sosteneva che le unità SSD non avrebbero ucciso gli hard disk: oggi gli hard disk, progettati per rispondere alle esigenze dei diversi settori, restano ancora la soluzione di archiviazione più comunemente utilizzata. All’interno dei loro cataloghi, i vari produttori offrono dischi fissi per PC, sistemi NAS, sistemi di videosorveglianza e data center che differiscono in termini di interfacce, prestazioni e affidabilità.
Ad esempio, come spiega Toshiba, gli hard disk per PC e notebook sono solitamente progettati per garantire un’operatività di 8-16 ore al giorno e un carico di lavoro annuale pari a 55 TB mentre gli hard disk per i sistemi NAS, le applicazioni di sorveglianza e i prodotti di classe enterprise devono supportare un funzionamento 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e gestire carichi di lavoro più elevati.
Cos’è il MTTF nel caso degli hard disk
La sigla MTTF sta a significare Mean Time To Failure ovvero “Tempo medio fino alla rottura”: si tratta di una misura dell’affidabilità di un componente hardware. Nel caso degli hard disk, il valore MTTF indica il tempo medio stimato prima che l’unità manifesti un problema di funzionamento. Se un hard disk ha un valore MTTF di 1.000.000 ore, significa che, in media, l’unità funzionerà correttamente per circa 1 milione di ore prima di evidenziare un guasto hardware.
È importante notare che il valore MTTF non indica la durata esatta di un’unità e quindi la sua aspettativa di vita. Se è vero che un hard disk con un valore MTTF più alto può teoricamente garantire una maggiore affidabilità, ci sono molti fattori che possono influenzare la vita utile effettiva come ad esempio le modalità di utilizzo, l’ambiente di lavoro, la temperatura di esercizio, la qualità della costruzione dell’hard disk e così via.
Generalmente, gli hard disk per PC sono progettati per funzionare a una temperatura compresa tra 0°C e 60°C mentre quelli di classe enterprise tra 5°C e 55°C. I vendor forniscono informazioni sulla resistenza a urti e vibrazioni: gli hard disk per sistemi NAS e quelli di classe enterprise sono meno sensibili rispetto ai dischi fissi progettati per i PC o per i sistemi di sorveglianza poiché sono integrati in un unico sistema. Le vibrazioni di rotazione possono amplificarsi vicendevolmente: per questo motivo i modelli NAS ed enterprise integrano speciali rilevatori di vibrazioni e meccanismi di controllo che registrano e compensano questi fenomeni.
In ambito data center il valore MTTF consente di effettuare delle previsioni: con un numero importante di unità è possibile stimare la frequenza con cui potrebbero verificarsi i guasti. Con un MTTF di 1 milione di ore e 1 milione di unità, si prevede un guasto all’ora o con 1.000 unità uno ogni 1.000 ore.
Per gli hard disk che operano 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, è possibile determinare il parametro Annual Failure Rate (AFR) a partire dal MTTF: è più indicativo come valore percentuale, come spiega ancora Toshiba. Semplificando, AFR si può calcolare come tempo di funzionamento annuo di 8.760 ore diviso per l’MTTF in ore e moltiplicato per 100.
“Un’unità di classe enterprise con un MTTF di 1,4 milioni di ore ha un AFR dello 0,625%. In un data center con 100.000 unità, si prevede che ogni anno 625 di queste si guasteranno e dovranno essere sostituite. Se l’operatore opta per drive con un MTTF pari a 2,5 milioni di ore, l’AFR scende allo 0,35% e probabilmente nello stesso periodo si guasteranno solo 350 hard disk, riducendo in modo significativo gli interventi di manutenzione“, commentano gli esperti Toshiba.
Il tasso di guasto annualizzato o AFR viene annotato periodicamente, ad esempio, anche da BackBlaze, azienda che nei suoi data center utilizza centinaia di migliaia di hard disk, anche non di classe enterprise perché più economici e in grado comunque di offrire ormai un’ottima affidabilità nel corso degli anni. Di recente abbiamo visto la classifica dei migliori hard disk del 2022 secondo BackBlaze.
Differenze tra le tecnologie usate per la memorizzazione dei dati sugli hard disk
I diversi tipi di hard disk si differenziano spesso anche per la tecnologia utilizzata per registrare i dati sui dischi magnetici all’interno dell’unità. Di seguito un breve riassunto sulle varie tecnologie disponibili e utilizzate nei vari modelli di hard disk.
CMR (Conventional Magnetic Recording). È la tecnologia di registrazione magnetica convenzionale che viene utilizzata da decenni. Con questa tecnologia, i dati vengono registrati su dischi magnetici tramite testine di lettura e scrittura che scrivono su una superficie magnetizzata. In pratica, la testina “scrive” una serie di bit sul piatto magnetico, creando una traccia circolare che viene divisa in settori. La tecnologia CMR ha già raggiunto il suo limite di 16 TB di capienza per singola unità.
SMR (Shingled Magnetic Recording). Simile alla CMR, si differenzia per il fatto che i dati vengono registrati in modo leggermente diverso. Con SMR, infatti, i dati vengono sovrapposti l’uno sull’altro come le tegole di un tetto (da cui deriva il nome “shingled“). In In questo caso le attività di scrittura dei dati possono essere più lente rispetto alla modalità CMR ma è possibile aumentare la densità di memorizzazione dei dati su ogni disco magnetico.
MAMR (Microwave-Assisted Magnetic Recording). È una tecnologia di registrazione magnetica avanzata che utilizza onde elettromagnetiche ad alta frequenza per riscaldare la superficie del disco magnetico durante la scrittura dei dati. Questo rende più facile per la testina di scrittura magnetizzare il disco, consentendo il raggiungimento di una maggiore densità nella memorizzazione dei dati.
La testina di scrittura riesce a focalizzare il flusso magnetico riducendo l’energia magnetica necessaria per la scrittura: può quindi essere più piccola e scrivere bit più densamente.
Attualmente questa tecnologia permette di ottenere hard disk di capienza pari a 20 TB; grazie ai progressi in corso di completamento, in futuro si potranno avere unità fino a 30 TB.
HAMR (Heat-Assisted Magnetic Recording). Simile alla MAMR, usa un laser per riscaldare la superficie del disco magnetico invece delle onde elettromagnetiche. Ciò consente una densità di memorizzazione ancora maggiore rispetto alla MAMR.
HDMR (Heated Dot Magnetic Recording). Ancora più avanzata rispetto alla HAMR, HDMR sfrutta un laser per creare punti di magnetizzazione sulla superficie del disco magnetico. Questi punti possono essere letti e scritti in modo più preciso rispetto alle tracce circolari utilizzate dalla CMR e dalla SMR, consentendo una densità di memorizzazione ancora più alta.
In generale, le tecnologie di registrazione magnetica più avanzate (come la MAMR, la HAMR e la HDMR) consentono di aumentare la capacità di memorizzazione dei dati sui dischi magnetici, ma possono richiedere anche hardware più costoso e sofisticato.
Velocità di scrittura negli hard disk: quando tende a diminuire
Come ricorda Toshiba, oltre all’affidabilità i fattori più importanti nel caso degli hard disk sono le prestazioni e il consumo energetico.
Gli hard disk con una velocità di rotazione pari a 10.500 o 15.000 giri al minuto (RPM) offrono le prestazioni migliori, anche se da qualche anno sono stati sostituiti con unità SSD. Gli hard disk di classe enterprise a 7.200 RPM garantiscono un rendimento sequenziale fino a 280 MB/s e 400 operazioni di input/output al secondo (IOPS). Valori che sono ordini di grandezza inferiori a quelli assicurati dalle unità a stato solido.
“Le prestazioni degli hard disk diminuiscono in base al livello di riempimento, perché le tracce di dati esterni e di prima scrittura sui dischi magnetici rotanti sono più lunghe e contengono più dati di quelle interne. Durante una rotazione, la testina di lettura-scrittura può semplicemente scrivere o leggere più dati all’esterno che all’interno“, si osserva da Toshiba.
Tutte le categorie di hard disk sono dotate della storica interfaccia SATA, ad eccezione delle unità ad alte prestazioni disponibili esclusivamente con interfaccia SAS. Oggi la velocità di trasferimento dati pari a 6 Gbps è uno standard di riferimento per l’interfaccia SATA ed è retrocompatibile con le versioni da 3 e 1,5 Gbps.
Lo standard SAS attualmente in uso è SAS-3.0 e garantisce una velocità di trasferimento dati pari a 12 Gbps; offre una maggiore potenza del segnale, la protezione dei dati end-to-end e la doppia porta ma è costosa e ha consumi energetici leggermente superiori rispetto a SATA.
“Per le aziende che vogliono ottimizzare i costi energetici esistono altre leve, prima di tutto l’ammodernamento dell’infrastruttura degli hard disk. La maggior parte dell’energia è utilizzata per la rotazione dei dischi, la capacità di archiviazione e il carico di lavoro influiscono in minima parte sul consumo; pochi hard disk ad alta capacità sono più economici di molti HDD di piccole dimensioni“, conclude Toshiba.
Rainer W. Kaese, Senior Manager, HDD Business Development di Toshiba Electronics Europe, osserva che le classificazioni degli hard disk dei vari produttori (prodotti per PC, NAS, sorveglianza, utilizzi business) rappresentano una buona guida. Il problema, però, diciamo noi, è che fino a qualche tempo fa nelle specifiche non veniva ad esempio fatta menzione della tecnologia di memorizzazione dei dati utilizzata da ciascuna unità. Le cose stanno fortunatamente cambiando e se l’utente è in grado di comprendere e soppesare anche i dati tecnici, diventa più facile trovare e utilizzare in modo ottimale il miglior hard disk possibile per le proprie esigenze.