La Commissione Europea aveva puntato i piedi invitando Google a bloccare l’applicazione delle nuove norme sulla privacy relativamente ai suoi servizi online. In una nota pubblicata sul blog del colosso di Mountain View, a firma di Peter Fleischer, uno dei responsabili delle politiche adottate da Google in materia di privacy e tutela dei dati personali, si legge che la missiva redatta dalla UE sarebbe arrivata a destinazione: “abbiamo ricevuto la scorsa notte una lettera da Jacob Kohnstamm, presidente del gruppo di lavoro sull’Articolo 29, con cui ci venivano richieste ulteriori informazioni sulle modifiche apportate alla nostra policy sulla privacy“. Fleischer spiega che Google ha immediatamente provveduto a rispondere (il testo della lettera è pubblicamente visibile facendo riferimento a questo link) e che l’intento dell’azienda, sebbene le nuove regole siano destinate ad entrare in vigore dal prossimo 1° marzo, è quello di proteggere gli utenti, meglio che in precedenza.
Nella sua risposta, Google cerca di sgomberare il campo dai possibili equivoci rimarcando come l’approccio usato per la gestione della privacy non sia cambiato: lo dimostrerebbe proprio la campagna informativa che l’azienda ha messo in campo da alcuni giorni a questa parte. Gli utenti, inoltre, non si vedranno assolutamente privati degli strumenti per il controllo della privacy che hanno usato sino ad oggi: si potranno eliminare tutti i dati personali relativi alla cronologia delle ricerche, alla lista dei contenuti visualizzati su YouTube, si potrà continuare a disattivare la chat di Gmail, a controllare il meccanismo con cui il sistema per l’esposizione di inserzioni pubblicitarie espone quelle più adatte agli interessi dell’utente e così via.
Secondo quanto riferito da Fleischer, inoltre, le preferenze attualmente impostate dagli utenti in materia di privacy non verranno assolutamente variate dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni e nessun dato conservato da Google sarà reso visibile. “Non raccoglieremo alcun dato addizionale a riguardo dei nostri utenti e non vendiamo a nessuno tale informazioni“, ha poi precisato Fleischer che rammenta il progetto “Data Liberation Front” sul quale Google è da tempo attivo. Secondo i responsabili dell’azienda fondata da Larry Page e Sergey Brin, infatti, i proprietari dei dati sono e devono restare sempre gli utenti che debbono essere liberi di trasferirli altrove.
Fleischer snocciola poi le ragioni per cui si è reso necessario operare un aggiornamento delle impostazioni relative alla privacy. I motivi che hanno guidato il cambiamento sarebbero il desidero di semplificazione ed il miglioramento dell’esperienza di utilizzo dei servizi a marchio Google.
Ogni volta che Google ha aggiunto, dal 1998 ad oggi, un nuovo servizio al suo portafoglio, è stato elaborato e pubblicato un documento sulla privacy “ad hoc”. L’idea è quindi quella di raccogliere sotto un unico ombrello tutte le regole sulla privacy e le norme sulla gestione dei dati personali in modo tale che l’utente non debba essere costretto a leggere e ad accettare le condizioni di ogni singolo servizio. Un unico documento per l’intera galassia dei servizi “made-in-Mountain View“, insomma. Fleischer cerca di convincere la Commission Europea ricordando come l’orientamento della autorità, a livello internazionale, sia proprio quello di stimolare la pubblicazione di linee guida più semplici in materia di privacy e più facilmente comprensibili dagli utenti.
In termini di “miglioramento dell’esperienza d’uso”, la risposta di Google cita il più semplice scambio di informazioni che avverrà tra un servizio e l’altro forniti dalla società. Alcuni analisti fanno comunque presente che rendendo più “permebiali” e quindi maggiormente interoperabili i vari servizi di Google, l’azienda avrà in mano degli strumenti molto più efficaci che in passato per raccogliere statistiche sulle modalità con cui l’utente usa la sua piattaforma; una miniera di dati utilissima a fini pubblicitari.