Avevamo chiamato dinosauri quegli editori che sperano di batter cassa presso Google chiedendo un “obolo” per i contenuti pubblicati “in estratto” sui servizi della società di Mountain View: motore di ricerca, Google Discover, Google News, Google Carousel e così via.
Ne avevamo parlato nell’articolo La link tax ovvero la fantasiosa manovra per far pagare Google farà un buco nell’acqua.
Come avevamo ipotizzato e come era facilmente immaginabile, adesso Google passa alla controffensiva. L’azienda, attraverso i suoi portavoce, ha innanzi tutto chiarito che non pagherà alcun editore di contenuti online. Si comincia con la Francia, il primo Paese che ha dato seguito alle disposizioni contenute nella nuova legge europea a tutela del copyright: Riforma sul copyright: al vaglio anche i criticati articoli 11 e 13.
“Non accettiamo pagamenti da nessuno per l’inclusione nei risultati delle ricerche. Vendiamo annunci, non risultati di ricerca, e ogni annuncio su Google è chiaramente contrassegnato. Questo è anche il motivo per cui non paghiamo gli editori quando la gente clicca sui loro link nel motore di ricerca“, ha commentato Richard Gingras, vicepresidente di Google News.
Contemporaneamente la multinazionale statunitense ha aggiornato questa pagina della sua documentazione introducendo alcuni parametri aggiuntivi per la meta tag robots
che potranno essere adoperati da ottobre 2019 da parte degli editori che desiderano continuare ad apparire nei risultati della ricerca di Google.
Sì, perché tutti coloro che non forniranno indicazioni esplicite per la gestione delle loro pagine web da parte dei crawler di Google, potrebbero non comparire più nelle SERP o farvi parte sotto forma di semplici link, senza alcun testo in estratto.
Come avevamo già fatto presente in passato, le istanze promosse in sede europea da alcuni editori-dinosauri sono anacronistiche, controproducenti, inapplicabili e del tutto inutili.
Come si può chiedere a un motore di ricerca di versare un importo per i link e i testi in estratto pubblicati? Come non si riesce a comprendere il valore del traffico organico che è veicolato dal motore di ricerca? Eppure qualcuno che pensava di essere furbo ha fatto una figura barbina. E non ci voleva molto per indovinare le mosse che Google avrebbe messo in pista.
Ecco quindi che, come spiegato in questa pagina, gli editori che vorranno continuare gratuitamente a usare i servigi di Google non dovranno fare altro che inserire nella meta tag <meta name="robots" content="index,follow">
nuove direttive che autorizzano il motore di ricerca e gli altri servizi a riutilizzare i contenuti.
L’approccio è di tipo opt-in: utilizzando ad esempio <meta name="robots" content="max-snippet:-1">
si autorizzerà Google a pubblicare sul motore di ricerca testi in estratto di qualunque lunghezza.
Una soluzione del tipo <meta name="robots" content="index, follow, max-snippet:-1, max-image-preview:standard, max-video-preview:-1">
potrà ad esempio essere utilizzata per autorizzare Google a usare testi in estratto derivanti dai contenuti delle pagine web, immagini di dimensione standard e anteprime dei video di qualsiasi lunghezza.
In alternativa, Google spiega che è possibile agire anche sulle intestazioni HTTP e in particolare sull’header X-Robots-Tag
.
Noi, ovviamente, saremo della partita convinti che in molte situazioni il legislatore dovrebbe chiedere ausilio a chi il Web lo conosce davvero e non a coloro che pensano di aver trovato un facile pollo da spennare. Ci congratuliamo per il bell’autogol: chi non implementerà gli attributi utilizzabili dalle “organizzazioni giornalistiche europee“, così come definite nella Direttiva UE 2019/790 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale, certamente rileverà una contrazione del traffico proveniente dai servizi Google.