Google ha avviato un programma sperimentale attraverso il quale intende incoraggiare ricercatori esterni alla struttura aziendale ad inviduare e segnalare nuove vulnerabilità di sicurezza presenti nel browser Chrome. Sulla scia dell’iniziativa promossa nel 2004 da Mozilla Foundation (Security Bug Bounty Program), il colosso di Mountain View verserà la somma di 500 dollari per ogni bug “inedito” che dovesse essere rilevato in Chrome. In casi speciali, la società di Page e Brin potrebbe decidere di incrementare il premio sino ad un valore di 1.337 dollari: tale remunerazione riguarderà vulnerabilità particolarmente gravi od attacchi documentati in maniera molto dettagliata.
Stando a quanto dichiarato da Google, non importa se le vulnerabilità saranno individuate nella versione opensource Chromium oppure in Chrome mentre sono ovviamente esclusi i plug-in sviluppati da terze parti (ved., per maggiori informazioni, questo annuncio).
Frattanto, dopo il rilascio della versione definitiva di Chrome 4 per Windows, avvenuto nei giorni scorsi, Google ha appena iniziato a distribuire la prima release “development” di Chrome 5.
“La quinta” del browser del gigante di Mountain View è foriera, per il momento, di poche novità. Ciò è dovuto però al fatto che la fase di test del prodotto è stata appena avviata. Chrome 5, comunque, utilizza ora la cartella “Download” impostata di default in Windows Vista ed in Windows 7 e propone una rinnovata finestra per la gestione dei cookie, delle immagini, del codice JavaScript, dei plug-in e dei pop-up. E’ possibile impostare in che modo i cookie e i dati relativi ai vari siti web sono memorizzati sul personal computer e preparare “liste di esclusione” che consentano di bloccare il caricamento di codice JavaScript, immagini, plug-in e pop-up per tutti i siti fatta eccezione per quelli esplicitamente indicati in elenco.
Dal prossimo 1° Marzo, inoltre, Google impedirà l’accesso al servizio “Docs” a tutti coloro che dovessero continuare ad utilizzare vecchie versioni dei più famosi browser web. Non sarà più possibile, ad esempio, utilizzare l’applicazione web di Google per la gestione e la condivisione online di documenti ricorrendo a prodotti quali Internet Explorer 6.0, Firefox 2.0 e Safari 2.0.