Niente più ronzii. Google Buzz, lo strumento per il social networking ed il microblogging che il colosso di Mountain View aveva lanciato all’inizio del 2010, sarà presto messo nel cassetto. Nonostante sia stato lanciato “suonando i tamburi”, Buzz non ha mai raccolto un gran successo anche in forza degli errori che sono stati commessi nella fase iniziale. Il servizio di Google, infatti, è scivolato su alcune questioni collegate al tema della privacy: i contatti più frequentemente utilizzati da un utente furono automaticamente inseriti nei profili di Buzz. In molti si chiesero perché Google non avesse disattivato, in modo predefinito, la condivisione delle proprie informazioni con gli utenti collegati.
Buzz fu oggetto di un’indagine da parte della Federal Trade Commission (FTC) statunitense e l’azienda fu costretta a versare, come ammenda, una somma pari a 8,5 milioni di dollari (ved. questi nostri articoli).
Col lancio di Google+, vero e proprio social network simile, nell’impostazione generale, a Facebook, i vertici della società fondata da Larry Page e Sergey Brin hanno deciso di “affossare” Buzz. “Abbiamo imparato molto da prodotti quali Buzz e stiamo riutilizzando tali esperienze per migliorare, ogni giorno, progetti come Google+“, ha dichiarato Bradley Horowitz, uno dei responsabili dell’azienda di Mountain View.
Come confermato da Horowitz, insomma, Buzz chiuderà i battenti nel giro di qualche settimana e tutto l’impegno dei programmatori si concentrerà così su Google+.
Ci saranno altre epurazioni: accanto a Buzz, verranno mandati in pensione servizi come Jaiku – una piattaforma simile a Twitter che Google acquisì nel 2007 -e “Code Search”, un meccanismo per facilitare la ricerca di codice opensource.
Nei giorni scorsi, Google+ aveva dovuto incassare una dura critica proveniente “da casa propria”. Il “fuoco amico” è stato aperto da Steve Yegge, un ingegnere software di Google, che – utilizzando proprio il social network dell’azienda – aveva espresso i suoi dubbi circa il successo dell’iniziativa. Yegge confiderà poi di aver fatto un errore nella condivisione della sua analisi (uno sbaglio nell’impostazione delle “cerchie” di amici autorizzati a visionare la sua nota), tuttavia esprime la propria preoccupazione per un prodotto che, secondo lui, dopo il “boom” iniziale stenta a crescere come dovrebbe. Per Yegge il mancato tempestivo rilascio della API per Google+ ha “tarpato le ali” al servizio non coinvolgendo gli sviluppatori autonomi così come ha intelligentemente fatto Facebook.