La Commissione Europea ha inviato una contestazione formale a Facebook sostenendo che l’azienda di Mark Zuckerberg avrebbe mentito in risposta alle investigazioni preliminari sul noto “affare WhatsApp”.
Nel 2014, dopo l’acquisizione di WhatsApp, Facebook – secondo le tesi della Commissione – offrì informazioni scorrette o fuorvianti quando fu chiesto, ai rappresentanti della società, se vi fosse la concreta possibilità tecnica di porre in correlazione i dati degli utenti iscritti al social network con quelli del client di messaggistica istantanea.
La prova che Facebook fosse nelle condizioni di realizzare tale corrispondenza è stata pubblicamente confermata ad agosto 2016 quando l’azienda ha comunicato agli utenti di WhatsApp la modifica della policy sulla privacy.
Quella “novità contrattuale”, che di fatto autorizzava Facebook ad utilizzare i dati raccolti da WhatsApp anche per esporre messaggi pubblicitari più pertinenti ed efficaci sul social network, è stata malvista da tutti i Garanti Privacy europei che sono subito “scesi sul piede di guerra”: Facebook non userà più i dati di WhatsApp in Europa.
Una variazione che ha destato molti dubbi anche tra gli utenti con un “precedente” divenuto davvero emblematico: Numeri di telefono su Facebook e WhatsApp: un caso eclatante.
La Commissione Europea minaccia quindi una sanzione a carico di Facebook ipotizzando che la società possa aver agito con negligenza oppure intenzionalmente per “gettare fumo negli occhi” durante le verifiche.
A Facebook viene concesso tempo fino al prossimo 31 gennaio per rispondere formalmente alle eccezioni sollevate dalla Commissione. Nel caso in cui le risposte pervenute non dovessero essere ritenute soddisfacenti, Facebook rischia una sanzione pari all’1% del suo fatturato annuo.