In tanti articoli abbiamo parlato delle differenze tra FTTH, FTTC e FTTE con riferimento alle varie architetture di rete utilizzate per fornire servizi di accesso da postazione fissa in banda ultralarga.
Cerchiamo, questa volta, di fornire qualche informazione in più sulle soluzioni che permettono di ottenere velocità di trasferimento dati molto più elevate rispetto agli schemi tradizionali che prevedono l’utilizzo di cavi in rame (il classico doppino telefonico).
Cosa significa la sigla FTTx
La sigla FTTx (Fiber-to-the-x) indica un’architettura di livello fisico che si serve della fibra ottica come mezzo trasmissivo per sostituire completamente o parzialmente la rete di accesso in rame. In molte aree del Paese il doppino telefonico in rame viene ancora utilizzato nel cosiddetto ultimo miglio per raggiungere il modem router dell’utente finale.
Il miglio del mondo anglosassone equivale all’incirca a 1,6 chilometri: questo per dire che con l’espressione ultimo miglio si faceva prevalentemente riferimento alla tratta di cavo che connette le centrali telefoniche agli utenti finali (rete di accesso).
Negli ultimi anni, in varie parti d’Italia, l’ultimo miglio si è fortunatamente accorciato tanto che il cavo in rame resta in uso al massimo nella rete secondaria ovvero per collegare l’utenza finale con il più vicino armadio stradale. Il resto della rete a monte è interamente realizzata in fibra ottica.
Nella sigla FTTx, la “x” viene sostituita con un’altra lettera per indicare fino a quale punto della rete di accesso arriva il cavo in fibra ottica.
Le centrali telefoniche, le coppie in rame e ADSL
La storica rete telefonica in capo a SIP (la nascita della rete in Italia è riconducibile all’attività di diverse concessionarie), poi trasformatasi in Telecom Italia nel 1994, oggi TIM o Gruppo TIM, prevede l’utilizzo di fasci di coppie di doppini telefonici che si dipartono dalla centrale per poi diramarsi a valle verso le utenze private e aziendali.
I cavi in rame in uscita dalla centrale hanno una grossa portata (ad esempio 2.400 coppie) per arrivare agli armadi ripartilinea in strada, più vicini alle unità immobiliari della clientela, in fasci, ad esempio da 400 coppie.
Dall’armadio stradale si diramano cavi in rame con una portata ancora più ridotta (dell’ordine al massimo di qualche decina di coppie).
Si parla di coppie perché ogni utenza viene servita con due cavetti in rame intrecciati tra loro e isolati: le coppie sono essenziali per il corretto funzionamento del classico servizio telefonico (rete PSTN) mentre per il servizio dati (ad esempio l’ADSL), su brevi distanze, può addirittura funzionare anche se non ci fosse continuità su un cavetto e quindi uno fosse interrotto.
Gli apparati DSLAM installati in centrale (Digital Subscriber Line Access Multiplexer) sono dispositivi di rete che si occupano di fungere da interfaccia tra il modem router dell’utente e il canale di comunicazione di gerarchia superiore.
Il DSLAM è un multiplexer perché si occupa di raccogliere i vari segnali degli abbonati connessi a valle e che viaggiano su varie coppie raggruppandoli per dialogare con gli apparati di gerarchia superiore. Questi ultimi sono collegati in fibra ottica: come molti sapranno, le aree del Paese che sono state storicamente digital divise non disponevano di centrali telefoniche in cui arrivava il collegamento in fibra ottica. Per questo risultava impossibile l’installazione dei DSLAM e l’erogazione del servizio ADSL.
Nei collegamenti in rame l’attenuazione e il margine di rumore o SNR sono parametri essenziali.
Al crescere della lunghezza del collegamento in rame tra utente e centrale aumenta significativamente l’attenuazione del segnale e decresce di converso il rapporto segnale/rumore o SNR. In altre parole, su lunghe distanze il segnale dati tende progressivamente a “mescolarsi” con il rumore di fondo andando poi a perdersi del tutto.
All’aumentare delle distanze, modem router dell’utente e DSLAM possono negoziare portanti sempre più basse quindi la larghezza di banda effettivamente impegnabile tenderà a diminuire e di conseguenza si potranno trasferire dati a velocità più basse.
Il segnale che si vuole trasmettere su un mezzo trasmissivo, ad esempio il cavo in rame, è detto modulante mentre il segnale che lo “trasporta” è detto portante o carrier.
Per rendere più palese la tipologia di connessione che si sta attivando AGCOM, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ha introdotto dei bollini di diversa colorazione e con un’etichetta testuale differente. Il bollino rosso con la scritta “R – Rame” fa riferimento alle classiche connessioni ADSL con il cavo in rame che si snoda interamente tra centrale e modem router dell’utente finale, per tutta la lunghezza della tratta.
FTTx ovvero il passaggio alla fibra ottica
Per superare i problemi derivanti da tratte di cavo in rame spesso molto lunghe si è cercato, negli anni, di portare il cavo in fibra ottica sempre più vicino alla sede dell’utente finale.
La rete primaria in rame è stata progressivamente aggiornata collegando la centrale con gli armadi ripartilinea (cabinet) a livello stradale usando cavi in fibra ottica anziché doppini in rame.
Presso gli armadi stradali sono stati installati DSLAM che in questo modo possono svolgere la loro funzione in una posizione fisica che risulta molto più vicina all’abbonato. La rete secondaria è stata invece lasciata così com’era ovvero con i tradizionali cavi in rame.
Quest’architettura è chiamata FTTC (ecco che spunta la “C” finale al posto della “x”) ovvero Fiber-to-the-Cabinet: letteralmente, fibra fino all’armadio stradale. Allo stesso schema si fa comunemente riferimento con il termine misto fibra rame.
AGCOM assegna allo schema FTTC il bollino giallo con la scritta “Misto fibra-rame“.
Con le tecnologie VDSL/VDSL2 (Very-high-bit-rate digital subscriber line) ed EVDSL (Enhanced VDSL) è possibile trasferire dati a velocità molto superiori rispetto alle classiche ADSL grazie al fatto che la fibra arriva fino all’apparato DSLAM installato nell’armadio stradale e che a valle il tratto di cavo in rame è breve. Utilizzando EVDSL e il profilo 35b è addirittura possibile arrivare fino a 400 Mbps in downstream per le utenze molto vicine all’armadio stradale anche se tipicamente gli operatori di telecomunicazioni che offrono il servizio FTTC offrono al massimo 200 Mbps o in alcuni casi 300 Mbps.
I collegamenti in tecnologia VDSL/EVDSL, tuttavia, sono ancora più sensibili alla lunghezza della tratta in rame. Oltre 300-400 metri di distanza dall’armadio stradale la larghezza di banda a disposizione crolla quasi verticalmente.
Nel caso delle connessioni FTTC la diafonia ha spesso un effetto negativo causando disconnessioni o impedendo l’utilizzo di portanti elevate. Il fenomeno è strettamente correlato con la presenza di altri segnali veicolati sulle coppie in rame che compongono il medesimo cavo (altri abbonati) e nello specifico da quelli che fluiscono nella medesima direzione su coppie diverse.
I provider di telecomunicazioni generalmente usano un target SNR pari a 6 dB: ciò significa che si tenterà di stabilire una connessione a banda larga il più veloce possibile agganciando portanti più elevate.
In alcuni casi, specie quando si verificano diverse disconnessioni, l’operatore attiva automaticamente profili più conservativi a 9 o 12 dB. In questo modo la diafonia o altre interferenze di carattere impulsivo, non continuamente presenti sul cavo, di solito non provocano più disconnessioni a seguito dell’improvvisa riduzione del rapporto segnale/rumore.
FTTC, quindi, non è “vera fibra”: il cavo fibra si ferma all’ingresso dell’armadio stradale ma questo schema ha comunque permesso di portare almeno 30 Mbps alla stragrande maggioranza della popolazione italiana per poi offrire, sempre con l’ultima tratta in rame, servizi anche a 100 e 200 Mbps.
Ci sono poi i collegamenti FTTE (Fiber-to-the-Exchange) in cui il tratto in rame è spesso più lungo.
In alcune zone d’Italia, nel caso delle connessioni FWA (si parla di FTTW ovvero Fiber-to-the-Wireless), la fibra arriva fino alla base station dell’operatore. Gli utenti abbonati si collegano alla rete utilizzando un’antenna direzionale puntata verso la base station.
Anche in questo caso viene esposto un bollino giallo con l’indicazione “FR – misto fibra-radio“.
Questo tipo di architettura, secondo la definizione del BEREC (Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche), è comunque considerabile una connessione VHCN (Very High Capacity Network).
Differenza tra FTTC e FTTH
Sostituendo la “x” con la lettera “H” si ha FTTH ovvero Fiber-to-the-Home: in questo caso il cavo in fibra non si ferma più in corrispondenza dell’armadio stradale ma viene portato fin nelle case e negli uffici degli italiani attestandolo su una borchia ottica.
Una connessione FTTH è ciò che di meglio si può ottenere oggi parlando di collegamenti via cavo con accesso quindi da postazione fissa. Con FTTH la rete di accesso primaria, la rete secondaria e anche l’ultimo tratto di cavo che entra fisicamente negli ambienti in cui risiedono o lavorano gli abbonati è interamente in fibra ottica.
Con la fibra ottica il problema della distanza è praticamente inesistente: basti pensare che 5 chilometri di cavo in fibra attenuano il segnale per l’equivalente di appena 1 dB mentre nel caso di una ADSL tale lunghezza rappresenta veramente il limite minimo per il funzionamento della linea (60 dB di attenuazione).
I vantaggi di FTTH sono moltissimi: il fatto che l’effetto dell’attenuazione sia praticamente trascurabile porta ad avere la possibilità di sfruttare una larghezza di banda molto più ampia.
Se sul mezzo trasmissivo in rame è necessario aumentare le frequenze per ottenere più banda (l’attenuazione del segnale è in agguato all’aumentare della distanza non permettendo di salire troppo in frequenza…), su fibra – come abbiamo detto – questo problema è praticamente inesistente, almeno nell’ultimo miglio.
Basti pensare che l’attenuazione rilevata su un collegamento in rame alla distanza di 2-3 chilometri è la stessa che si può misurare su un collegamento in fibra lungo ben 150 chilometri o più.
Un collegamento in fibra ottica, pur essendo realizzato interamente da un filamento in vetro molto fragile (protetto infatti da solide guaine esterne), è inoltre insensibile agli agenti atmosferici che invece rappresentano una minaccia per i cavi in rame (tendono a ossidarsi e a manifestare problemi di basso isolamento) e non veicola segnali elettrici.
Ecco quindi che a seconda degli standard utilizzati GPON, EPON e XGS-PON vengono offerti 1 Gbps, 2,5 Gbps, 5 Gbps e 10 Gbps (a volte anche simmetrici, quindi in entrambe le direzioni), almeno a livello commerciale.
La fibra ottica in sé ha capacità dell’ordine dei Terabit per secondo: la dorsale ZION di Open Fiber permette di raggiungere almeno 48 Terabit sulla singola fibra.
L’obiettivo del Piano Italia a 1 Giga consiste adesso nel compiere il “salto di qualità” portando almeno 1 Gbps in downstream in tutte le aree d’Italia dove non si raggiungono almeno 300 Mbps grazie a investimenti pubblici.
I bandi sono aperti e a fine marzo 2022 potremmo sapere quali operatori si occuperanno di aggiornare la rete nelle aree attualmente non interessate da investimenti privati.
Dicevamo che nel caso di FTTH i tagli di banda citati in precedenza vengono offerti “almeno a livello commerciale” perché una singola fibra in uscita dalle centrali o dai cosiddetti PoP (Point-of-Presence) degli operatori viene condivisa tra più utenti finali.
In Italia una stessa fibra viene di solito condivisa tra 64 utenti quindi la banda disponibile viene di fatto messa a fattor comune tra un tale numero di abbonati. Un valore come 1:64 si chiama fattore di splitting ed è per questo che talvolta non si raggiunge il valore in downstream, ad esempio 1 Gbps, pubblicizzato dall’operatore che vende il servizio di connettività.
Nelle aree bianche ovvero le zone d’Italia nelle quali nessun soggetto privato aveva fatto investimenti Open Fiber ha utilizzato un fattore di splitting 1:16 in modo da lasciare più banda a ogni singolo utente finale.
Il principale svantaggio della fibra ottica consiste nel fatto che non permette di “improvvisare” giunzioni come si poteva e si può fare coi cavi in rame.
Sulla borchia ottica installata presso il cliente che richiede il servizio FTTH i tecnici dell’operatore di telecomunicazioni provvedono ad attestare il cavo fibra proveniente dall’esterno e in particolare dal PTE (Punto di Terminazione di Edificio) o ROE (Ripartitore Ottico di Edificio). Da un connettore-riflettore posto all’interno della borchia si arriva fino all’ONT (Optical Network Terminal) al quale si collega il router oppure al router dotato di modulo SFP (Small form-factor pluggable transceiver).
ONT e SFP sono dispositivi che elaborano il segnale ottico veicolato sul cavo in fibra convertendolo in un segnale elettrico comprensibile al router collegato a valle.
Il collegamento realizzato interamente in fibra ottica viene contraddistinto da un bollino F con l’indicazione “F – fibra“.