Entrerà in vigore tra 10 giorni il decreto sull’equo compenso firmato dal ministro per i beni e le attività culturali Dario Franceschini. Il provvedimento, appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale, corregge al rialzo gli importi che gli acquirenti dei supporti di memorizzazione dovranno versare nelle casse della SIAE, la Società Italiana degli Autori ed Editori.
L’aggravio per le tasche dei consumatori viene oggi ufficialmente certificato ed è verificabile, nero su bianco, esaminando il tariffario aggiornato contenuto nell’allegato tecnico al decreto (vedere queste pagine).
Con il decreto Franceschini, viene approvato un raddoppio di quasi tutte le tariffe, rendendo ancor più gravosa una tassa che peserà non poco su aziende, commercianti e consumatori.
Che cos’è l’equo compenso
Innanzi tutto, è bene sgombrare il campo da equivoci. Alcuni media, in questi giorni, hanno riportato la notizia in modo errato spiegando che l’equo compenso sarebbe una tassa – da versare nelle casse dei detentori dei diritti sulle varie opere (case discografiche, cinematografiche ed editori) – a fronte dei download illeciti che vengono operati da siti web pirata, circuiti peer-to-peer e così via.
Nulla di tutto ciò. L’equo compenso viene imposto ai produttori ed agli importatori di prodotti elettronici finalizzati alla riproduzione o alla registrazione di contenuti digitali come indennizzo sull’utilizzo e la copia privata delle opere protette da diritto d’autore. In altre parole, è una tassa che viene versata agli autori di un’opera dell’ingegno come “riconoscimento” economico rispetto al diritto, che viene accordato all’utente che ha legalmente acquistato – ad esempio – un CD o un DVD, a copiarne il contenuto su un supporto digitale, per esclusivo utilizzo personale (ad esempio a mo´ di backup).
L’equo compenso, ovviamente, si riflette sul consumatore finale perché produttori e distributori di memorie digitali aumentano di conseguenza il prezzo dei loro prodotti.
Gli aumenti dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto 20 giugno 2014 (“Decreto Franceschini”)
Pubblichiamo, di seguito, gli importi che dovranno essere corrisposti dagli acquirenti di supporti di memorizzazione e di dispositivi che offrono la possibilità di conservare dati:
– Supporti audio analogici: 23 centesimi per ogni ora di registrazione. Il compenso è aumentato proporzionalmente per i supporti di durata superiore
– Supporti audio digitali (CD-R audio, minidisc,…): 22 centesimi per ogni ora di registrazione. Anche in questo caso il compenso va aumentato in modo proporzionale per i supporti di durata maggiore
– Supporti dati, anche riscrivibili (CD-R dati, CD-RW dati,…): 10 centesimi ogni 700 MB. Anche qui il compenso va aumentato nel caso di supporti di maggior capienza.
– Supporti audio digitali dedicati riscrivibili (CD-RW audio,…): 22 centesimi per ogni ora di registrazione (da aumentare in caso di supporti più capienti)
– DVD RAM, DUAL LAYER, DVD-RW, DVD+RW: 20 centesimi ogni 4,7 GB
– Supporti Blu Ray: 20 centesimi ogni 25 GB
– Schede di memoria: si pagheranno 9 centesimi a GB fino ad un massimo di 5 euro per prodotto
– Chiavette USB: si verseranno 10 centesimi a GB fino ad un massimo di 9 euro per prodotto
– Hard disk: è previsto il versamento di 1 centesimo a GB fino ad un massimo di 20 euro per prodotto
– Memorie o Hard Disk integrati in un apparecchio multimediale audio e video portatile o altri dispositivi analoghi: equo compenso variabile a seconda della capacità dell’unità di memorizzazione (da 3,22 euro per 1 GB a 32,20 euro per 400 GB ed oltre)
– Memoria o hard disk integrato in un lettore portatile Mp3 e analoghi o altro apparecchio Hi-Fi
Tra i dispositivi più penalizzati ci sono smartphone e tablet. In precedenza, infatti, si pagavano 90 centesimi per dispositivo acquistato mentre zero nel caso dei tablet. Col decreto Franceschini, verranno versati 3 euro per device con memoria di storage fino a 8 GB, 4 euro da 8 a 16 GB, 4,90 euro da 16 a 32 GB, 5,20 euro oltre i 32 GB.
Anche per i televisori che integrano funzionalità di registrazione è d’ora in avanti dovuto un obolo pari a 4 euro.
Una tassa fuori dal tempo
La copia privata, al giorno d’oggi, ormai non esiste praticamente più. In un’epoca in cui in “digital download” (legale, s’intende) la fa da padrone, una tassa come l’equo compenso appare ormai assolutamente fuori luogo.
Il download legittimo dei contenuti, come più volte evidenziato anche in passato, dovrebbe essere sempre più incentivato in modo che sia il mercato stesso a permettere il giusto foraggiamento delle casse degli autori, un mercato nuovo – quello digitale – che continua ad offrire vastissime possibilità di business.
L’equo compenso, inoltre, rischia di danneggiare seriamente le stesse aziende italiane. Le norme sulla libera circolazione delle merci in ambito europeo fanno sì che i consumatori acquistino i prodotti che in Italia vengono tassati da negozi di e-commerce siti in Paesi dell’Unione ove l’equo compenso non esiste o è molto più leggero che da noi. Basta un clic e il prodotto arriva comodamente a casa od in ufficio senza balzelli aggiuntivi e, talvolta, appare notevolmente più conveniente grazie ad un’IVA più leggera, come spesso accade in altre nazioni europee.
Sono in molti ad aver visto nell’aggiornamento dell’equo compenso un tentativo di risollevare i bilanci della SIAE incanalando verso la società presieduta da Gino Paoli circa 150 milioni di euro, più che raddoppiando il seppur goloso gettito dello scorso anno (63 milioni).
Si tratta davvero di un compenso “equo”?
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