In questo ore si sta facendo un gran baccano su una novità che sarà introdotta ufficialmente in Chrome 76, versione del browser di Google attualmente in “beta”.
A partire da Chrome 76 i siti web non saranno più in grado di capire se l’utente sta utilizzando o meno il browser nella modalità di navigazione in incognito.
Come avevamo spiegato a suo tempo nell’articolo Navigazione in incognito, quando utilizzarla? molti utenti utilizzavano questa particolare modalità di navigazione anche per superare i cosiddetti paywall ossia le limitazioni che alcune testate online impongono per ciò che riguarda il numero degli articoli che possono essere letti gratuitamente a cadenza giornaliera, settimanale o mensile.
Le testate online che usano i cosiddetti soft paypal creano sul dispositivo client un cookie all’interno del quale viene annotato il numero di articoli letti dall’utente.
Dal momento che la navigazione in incognito, al momento della chiusura della sua finestra, elimina tutti i cookie e gli altri elementi salvati in cache, molti utenti usavano questo espediente per leggere gli articoli su varie testate online senza limitazione alcuna.
Gli editori hanno provato a “farsi più furbi” mettendo in campo strategie che permettono di rilevare se l’utente stia adoperando la modalità di navigazione in incognito. Come abbiamo spiegato nell’articolo Novità Chrome: modalità incognito più solida e link al contenuto delle pagine web, nel caso di Chrome viene messa a disposizione delle pagine web la particolare API FileSystem che può essere utilizzata dai siti web aperti per creare file all’interno di un file system virtuale, all’interno di una sandbox quindi di un ambiente completamente separato dal resto del sistema.
Nella modalità di navigazione in incognito l’API FileSystem non viene resa disponibile da Chrome: gli editori che fanno uso di soft paywall hanno quindi usato un semplice espediente. Se la pagina web non può usare l’API FileSystem significa che l’utente sta navigando in incognito.
A partire da Chrome 76, anche le pagine aperte in modalità di navigazione in incognito potranno usare l’API FileSystem, un’implementazione che romperà le uova nel paniere a diverse testate online.
Ma le cose stanno davvero così?
Intanto iniziamo col dire che la possibilità di attivare l’API FileSystem nella modalità di navigazione in incognito era già possibile. Come indicato nell’articolo citato in precedenza, basta digitare chrome://flags#enable-filesystem-in-incognito
nella barra degli indirizzi dell’attuale versione di Chrome e porre su Enabled il menu a tendina accanto alla voce Filesystem API in Incognito.
Riavviando il browser e utilizzando a più riprese la modalità di navigazione in incognito, i soft paywall verranno così facilmente “fatti saltare”.
Ma non è certo Chrome a voler lanciare una crociata “anti-paywall“: per superare i soft paywall basta cancellare i cookie e riavviare il browser per ottenere una lettura illimitata degli articoli. O basta dotarsi di un secondo browser da impostare in maniera tale che cancelli cookie e cache a ogni chiusura della sua finestra. E, puff, il soft paywall scomparirà.
Non ci vediamo quindi un attacco di Google all’editoria online anche perché nell’intero nostro articolo abbiamo parlato, non a caso, di soft paywall. Perché “soft”? Perché ci riferiamo a tutti quei meccanismi di blocco delle letture che si basano su meccanismi lato client e non lato server.
Gli editori che usano paywall in grado di memorizzare gli indirizzi IP degli utenti possono ovviamente annotare a database il numero delle letture effettuate da ogni client e bloccare, con un’analisi lato server, quelle successive.
Ovviamente nulla vieta all’utente, in questo caso, di “armarsi” di un programma come Tor Browser (vedere Tor Browser, cos’è e come funziona la nuova versione del programma), premere il tasto ALT
, scegliere Strumenti, Opzioni, fare clic su Privacy & Security nella colonna di sinistra quindi disattivare temporaneamente la casella Utilizza sempre la modalità di Navigazione anonima. Riavviando Tor Browser al bisogno, l’indirizzo IP pubblico col quale si presenta l’utente cambierà sempre, con buona pace dei paywall più “aggressivi”.
Le domande finali sono semmai due: per gli editori online vale davvero la pena continuare a insistere sui paywall? E sul versante dei lettori, questi ultimi non dovrebbero forse impegnarsi a visitare i siti web che si sostengono con la pubblicità senza presentarsi con Adblock e strumenti similari? Valutando eventualmente l’acquisto di un abbonamento – ove previsto – per visitare il sito web senza pubblicità.
Perché è palese che la coperta è corta e senza il rispetto reciproco editore-lettore la qualità dei contenuti proposti online è destinata ad andare irrimediabilmente persa, com’è facile rendersi conto già oggi leggendo alcune tra le testate che una volta rappresentavano un vero e proprio punto di riferimento per autorevolezza, approfondimento e chiarezza espositiva.