Non accenna a decrescere il numero di richieste di rimozione dal motore di ricerca che Google sta ricevendo quotidianamente da parte di cittadini europei. Stando alla stessa società di Mountain View, sulla scorta della recente decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha di fatto aperto al diritto all’oblio sui motori di ricerca, in soli 4 giorni sarebbero pervenute per 41.000 istanze di rimozione.
Il modulo da poco pubblicato online da Google (vedere questa pagina) sarebbe quindi stato già completato ed inviato decine di migliaia di volte.
Da un lato, si conferma l’interesse dei cittadini europei per un tema che è legato a doppio filo con i diritti dell’individuo e con il rispetto della sua privacy ma che, dall’altro, porta con sé importanti implicazioni per ciò che riguarda il diritto d’informare e di essere informati.
Negli articoli seguenti, tutti gli approfondimenti sull’argomento:
– Google dovrà garantire il diritto all’oblio. Cosa significa
– Eliminare un link da Google: pubblicato il form per far leva sul diritto all’oblio
– Diritto all’oblio, Google ha già ricevuto 12mila richieste
Google ha voluto precisare che la procedura di analisi di ogni richiesta di rimozione avviene in maniera manuale. Dipendenti dell’azienda, insomma, sono chiamati a verificare la fondatezza di ogni istanza presenta online ed eventualmente a dar corso alla rimozione dei link dal motore di ricerca.
I responsabili del colosso a stelle e strisce hanno quindi rimarcato come non sia impiegato alcun meccanismo automatizzato per esaminare ciascuna domanda.
Google, in ogni caso, vorrà cercare di smarcarsi da una posizione che viene giudicata pericolosa, economicamente e giuridicamente poco sostenibile. La Corte di Giustizia europea, infatti, ha affidato a Google il ruolo di arbitro, chiamato a valutare se dare seguito o meno a ciascuna richiesta di rimozione.
Si tratta di una procedura che richiede sforzi economici non indifferenti (si pensi alle risorse che debbono essere destinate a questa specifica attività) e che espone comunque Google alle cause dei cittadini che ritenessero ingiusta l'”archiviazione” delle loro richieste.
“Nei prossimi mesi lavoreremo a stretto contatto con le autorità per la protezione dei dati e con altre autorità per il perfezionamento del nostro approccio“, si limita a scrivere l’azienda nella descrizione di presentazione del modulo online. Il lavoro “dietro le quinte”, però, continuerà.
Le richieste provenienti dall’Italia, ad oggi, equivarebbero all’incirca al 3% del totale (fonte). In testa vi sarebbe la Germania (40%) seguita da Spagna (14%) e Regno Unito (13%).
Le prime verifiche potranno essere svolte nei prossimi giorni ma secondo alcune fonti Google potrebbe limitarsi ad eliminare i link dalle SERP delle versioni europee del suo motore di ricerca. Effettuando una ricerca con la versione statunitense del motore di Google, quindi, i link potrebbero continuare ad essere visualizzati in risposta all’interrogazione dell’utente.