Dopo aver messo online il modulo che i cittadini possono utilizzare per richiedere l’eliminazione di riferimenti alla propria persona nel motore di ricerca, Google ha ricevuto una valanga di richieste: ben 12.000 in appena 24 ore. Si tratta di un notevole lavoro in più per i dipendenti della società fondata da Larry Page e Sergey Brin dal momento che la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea investe Google di un delicato ruolo di arbitro cui l’azienda a stelle e strisce avrebbe fatto volentieri a meno.
Come evidenziato nell’articolo di approfondimento Eliminare un link da Google: pubblicato il form per far leva sul diritto all’oblio, Google ha infatti pubblicato il modulo per la rimozione dei risultati delle ricerche facenti riferimento ad uno specifico individuo.
Con la decisione della Corte europea ed il varo del nuovo form online, si apre l’era del diritto all’oblio nel Vecchio Continente. Una decisione che però ha fatto largamente discutere dal momento che i riferimenti ad articoli che trattano fatti di cronaca, anche giudiziaria, ed in cui sia citata una determinata persona, possono essere di fatto rimossi dal motore di ricerca (su richiesta degli aventi diritto) ma, paradossalmente, possono restare pubblicati sui siti degli editori.
I vertici di Google, pur rispettando la sentenza dei giudici europea, hanno valutato la scelta di quest’ultimi come piuttosto pericolosa, soprattutto per ciò che riguarda gli aspetti strettamente connessi con il diritto ad informare e ad essere informati.
A testimonianza di quanto sia gravoso il lavoro di analisi di ogni singola segnalazione, Google commenta: “ci stiamo adoperando per portare a termine l’implementazione delle richieste di rimozione ai sensi della legislazione europea per la protezione dei dati personali nel più breve tempo possibile“.
Il rischio di comprimere il diritto alla trasparenza e di rendere inconsultabili o comunque, più difficoltosi da raggiungere, contenuti di pubblico interesse è molto elevato. Anche perché se un articolo, all’epoca della sua pubblicazione, fu immesso online attendendosi ai principi cardine della professione giornalistica – verificando le fonti ed attenendosi alla realtà dei fatti – perché Google dovrebbe essere tenuto a rimuovere, dal suo motore di ricerca, i riferimenti a quello stesso pezzo?
Se non si tornerà presto sull’argomento sgombrando il campo da quella fitta nebbia che vi è calata in questi giorni, qualche giurista inizia ad ipotizzare rischiose “deviazioni”.
L’avvocato Fulvio Sarzana, uno dei massimi esperti italiani di tematiche legate ai diritti fondamentali e rete Internet, ad esempio, teme che ben presto Google e gli altri motori di ricerca si attrezzeranno con un algoritmo capace di trattare automaticamente le richieste di rimozione inoltrate dagli utenti. Se nel primo giorno di lancio del modulo a Google sono già arrivate 12.000 richieste, è impensabile che la società possa utilizzarle personale per esaminarle una per una. “Se fatta male, questa apertura al diritto all’oblio potrebbe rivelarsi in una inaccettabile limitazione del diritto all’informazione“, ha aggiunto Sarzana.