Quando si fa riferimento alla capacità di un collegamento dati e, quindi, alla velocità massima per il trasferimento dei dati, come unità di misura si utilizzano i Megabit per secondo o Mbps (oppure Mb/s o Mbit/s).
La lettera “b” minuscola ha un preciso significato e sta a indicare che viene utilizzato un multiplo del bit (binary digit) ovvero l’unità elementare dell’informazione trattata da un elaboratore di tipo tradizionale (i valori 0 e 1 sono la rappresentazione dei valori logici che il bit può assumere).
Megabit per secondo: unità di misura per la capacità della rete e il throughput
Gli operatori e, in generale, nelle telecomunicazioni e in informatica, per descrivere la velocità massima di trasmissione ovvero la capacità di trasmissione della linea (capacità di canale) si usano appunto i Megabit per secondo.
La velocità massima di trasmissione è una costante della linea e può differire, anche in maniera importante, rispetto a quanto pubblicato dai provider a livello commerciale.
Connessioni ADSL a 20 Megabit o collegamenti in fibra a 100 Megabit presentati commercialmente come tali significa che sulla carta possono consentire di trasferire dati, rispettivamente, fino a 20 e 100 Mbps (in centrale o sugli armadi stradali sono presenti apparati DSLAM che consentono di gestire tali prestazioni di picco: essi esplicano le funzioni della linea numerica di accesso e modulazione da e verso il doppino telefonico dell’utente; vedere Mappa centrali Telecom e armadi stradali).
All’atto pratico, le prestazioni in Mbps di fatto ottenibili sono generalmente ridotte rispetto a quelle pubblicizzate perché esse sono funzione di parametri come attenuazione e rapporto segnale/rumore (SNR) a loro volta strettamente legati alla distanza dal DSLAM, alla struttura della linea, alla presenza di rumore, al problema della diafonia sulle coppie in rame (nel caso delle connessioni FTTC – Fiber-to-the-Cab sulla porzione di rete in rame che dall’armadio stradale arriva al modem router dell’abbonato) e, ancora, alla congestione della rete, alla banda disponibile all’atto pratico sul DSLAM, lungo il percorso e da parte del sistema di destinazione.
Il problema della diafonia sarà ampiamente attenuato non appena AGCOM e operatori si accorderanno sull’utilizzo in Italia del vectoring grazie al quale anche le unità immobiliari non troppo vicine al cabinet (300-600 metri) potranno ottenere prestazioni notevoli su fibra FTTC.
La capacità della rete, quindi il valore relativa alla velocità di trasmissione dati raggiungibile teoricamente o all’atto pratico, non coincide con il throughput ovvero con la capacità trasmissiva “effettivamente utilizzata”.
Anche il throughput si misura in Megabit per secondo ma è soltanto un indice dell'”effettivo” utilizzo della capacità del collegamento.
Il Megabit per secondo è un multiplo del bit e corrisponde alla trasmissione di 1.000.000 di bit al secondo. A seconda della capacità del collegamento con cui si ha a che fare si possono però usare altri multipli del bit: kbps (1.000 bit al secondo) o Gbps (1.000.000.000 bit al secondo).
I Gigabit per secondo o Gbps si utilizzano per riferirsi alla capacità delle più moderne connessioni in fibra FTTH (Fiber-to-the-Home) già oggi disponibili oltre che alle future evoluzioni delle FTTH: XG-PON, XGS-PON e NG-PON2 (vedere Copertura fibra ottica Open Fiber: annunciate le altre 82 città che saranno raggiunte nei prossimi mesi).
I Gbps si usano poi sempre più spesso per misurare la capacità di una rete LAN. In ambito locale, usando dispositivi (router, switch, client,…) e cavi Ethernet “ad hoc”, si possono attivare link 10GbE (10 Gigabit Ethernet) o addirittura 100GbE (100 Gigabit Ethernet): Cavi ethernet: differenze e caratteristiche.
I vari speedtest consentono di effettuare una stima della banda disponibile in kbps, Mbps o Gbps. Aiutano quindi a valutare la capacità del collegamento ma il risultato può essere considerato sufficientemente attendibile se e solo se la rete non fosse impegnata in trasferimenti dati in upload/download (vedere Speed test, verificare la velocità della connessione in modo rapido e Speed test affidabile: Google porta il suo anche in Italia).
Se si fosse interessati a verificare la velocità di trasmissione dati in downstream, è possibile usare lo speedtest Fast.com, forse il più veloce e immediato in circolazione.
Differenza tra Megabit e Megabyte
Il Megabyte è un’unità di misura dell’informazione o della quantità di dati, uno dei vari multipli del byte.
Molti ancor oggi fanno confusione tra Mbps (o Mb/s) e MB/s ritenendo che si tratti delle stesse unità di misura. Niente di più sbagliato.
Mentre per misurare la capacità del link si usano kbps, Mbps e Gbps, quando ad esempio si scarica un file con il browser, la velocità di download è espressa in byte per secondo (KB/s o MB/s).
Ciò è corretto perché appunto, in questo caso, si misura l’informazione trasferita nell’unità di tempo con riferimento – ad esempio – al peso di un file.
Per codificare un singolo carattere alfanumerico si utilizzano 8 bit. Il byte, che esprime una sequenza di 8 bit, è quindi storicamente diventato l’elemento base nelle architetture dei computer e l’unità di misura delle capacità di memoria.
Quando si parla della capacità di un hard disk, di un’unità SSD, di una scheda SD, di una chiavetta USB, di un hard disk esterno si parla di byte (solitamente, oggi, di gigabyte o terabyte), non certo di bit.
Il bit, infatti, non è un’unità di misura adeguata per esprimere il numero di caratteri che si possono complessivamente conservare in un’unità di memorizzazione.
Quando si fa clic con il tasto destro del mouse su un qualunque file in Windows e si sceglie la voce Proprietà, nella scheda Generale si legge la dimensione dell’oggetto selezionato in byte o nei suoi multipli, non in bit.
Dal momento che il byte è formato da una sequenza di 8 bit, questo può assumere 256 possibili valori (ovvero 28). La famosa tabella dei caratteri ASCII è formata proprio da 256 voci, ciascuna corrispondente a uno dei caratteri che è possibile formare con una diversi combinazione degli 8 bit che compongono il byte.
Sulle tastiere QWERTY con layout italiano, ad esempio, le parentesi graffe non esistono ma digitando la combinazione di tasti ALT+123
e ALT+125
si possono inserirle istantaneamente.
Per passare dai bit ai byte, quindi, basta semplicemente dividere per 8.
Una connessione con capacità di 20 Mbps può trasferire fino 2,5 MB/s (20 diviso 8) ovvero 2.500 KB/s; una connessione da 100 Mbps fino a 12,5 MB/s.
I Megabyte al secondo (MB/s) danno immediatamente un’idea della quantità di informazione che è possibile trasferire in un secondo: se si potessero usare tutti i 100 Mbps di un link in fibra, si potrebbe prelevare dalla rete un documento di 12,5 Megabyte in un solo secondo; con un collegamento in fibra FTTH a 1 Gbps, un file da 125 Megabyte in un appena in secondo.
Digitando megabit megabyte
nella casella di ricerca di Google si accederà a un convertitore che permette di passare immediatamente dai Megabit per secondo ai Megabyte al secondo e viceversa (con la possibilità di usare i vari multipli di bit e byte).
Questo convertitore dà un’idea delle prestazioni di ciascuna connessione mentre questo calcolatore online (purtroppo da qualche tempo richiede una registrazione gratuita) aiuta a stimare quanto tempo è necessario per trasferire un file – in download o in upload – a seconda della velocità di connessione e delle dimensioni del file.
Ovviamente, maggiore è la capacità del link, maggiore sarà la banda condivisibile tra i vari dispositivi collegati alla propria rete locale.
È superfluo dire che se la velocità di trasmissione dati in downstream relativa alla propria connessione Internet arriva a malapena a 7 Mbps sarà quasi impossibile che più dispositivi client possano accedere simultaneamente a video trasmessi a 1440p.
Il famoso servizio di streaming video Netflix richiede almeno una connessione capace di offrire 3 Mbps in downstream per i contenuti in qualità standard SD (720p), 5 Mbps per quelli Full HD (1080p) e 25 Mbps per quelli 4K UHD (e Netflix applica una serie di ottimizzazioni per ridurre il “peso” dello streaming).
Utilizzando codec specifici si possono infatti ottenere prestazioni migliori: ad esempio con il codec WebM VP9 di Google si può contenere la banda necessaria per un video 4K 2160p ad “appena” 17,3 Mbps e per un video 1080p a 2,6 Mbps ma molto dipende dal fornitore di contenuti e dalla configurazione hardware/software del dispositivo client.
Ovviamente per lo streaming di soli contenuti audio i requisiti scendono molto: basti pensare che per esempio Spotify utilizza un bitrate di 96 kbps (quindi 0,096 Mbps) per l’ascolto dei brani musicali in qualità normale (impostazione predefinita per l’app destinata ai dispositivi mobili) spingendosi fino a 320 kbps ovvero 0,32 Mbps per gli abbonati Premium (“qualità massima”): Spotify: qualità audio adattabile alla connessione in uso.
Nell’articolo Calcolo della banda necessaria in una rete locale abbiamo visto come calcolare i requisiti di banda all’interno di una rete locale.
Cosa sono i mebibit e i mebibyte?
Qualcuno può aver sentire parlare anche dei mebibit o dei mebibyte. Che cosa sono? Vogliamo complicare il quadro? Nient’affatto.
I mebibit per secondo (Mibit/s) sono l’unità di misura della capacità di un link per unità di tempo espressa secondo il prefisso binario.
Un valore espresso in kikibit/s o Mibit/s, evidentemente, esprime una differenza rispetto a quello indicato in kbps, Mbps, KByte/s e MB/s.
Un mebibit corrisponde esattamente a 1.048.576 bit mentre quando si parla di un Megabit si fa convenzionalmente riferimento a 1.000.000 bit, come visto in precedenza. Analogamente, un mebibyte equivale a 1.048.576 byte (un byte = 8 bit) mentre un Megabyte viene fatto corrispondere a 1.000.000 byte.
L’errore percentuale nella modalità di espressione della misura della velocità di trasferimento dati in Mbps e MB/s è quindi pari a circa il 4,9% rispetto a mebibit e mebibyte.