Come migrare i contenuti tra differenti provider. Verso il multi cloud

Consigli, strategie e strumenti per migrare da un provider cloud all'altro. Che cos'è il multi cloud e perché diventerà sempre più diffuso tra professionisti e imprese.

Stiamo vivendo l’era del cloud: sui server dei principali player a livello mondiale non ci sono più solamente dati più o meno strutturati, nel senso stretto de termine, ma applicazioni, macchine virtuali e container di ogni genere.
Come abbiamo visto nell’articolo Differenza tra cloud pubblico, privato e ibrido, si possono usare diversi approcci per gestire dati, applicazioni e flussi di lavoro.
Si può pensare di continuare a mantenere in locale (on premise) una parte della propria infrastruttura migrando sul cloud solamente una porzione di essa o, viceversa, innescare un processo che conduca all’utilizzo di soluzioni SaaS (Software-as-a-Service) o PaaS (Platform-as-a-Service); ancora, si può guardare alla containerizzazione per trasportare meglio le applicazioni e usare in maniera più efficace, senza sprechi, le risorse macchina: Macchine virtuali e container: qual è la differenza.

Anziché usare un’applicazione su cloud, si possono portare sulla nuvola database, applicazioni e servizi sbarazzandosi in un sol colpo di tutti i problemi (e i costi) legati alla gestione della sottostante infrastruttura.

Grazie alle soluzioni cloud, professionisti e aziende si stanno accorgendo di come sia giunta l’ora di smettere di fare investimenti (spesso inadeguati rispetto ai volumi di traffico e al carico di lavoro) sul “ferro” ma di valutare le opportunità che i servizi cloud offrono in tema di versatilità, disponibilità, efficienza e risparmio. A tal proposito, basti pensare che è possibile dimensionare i servizi secondo le proprie esigenze del momento e scalare velocemente verso l’alto o verso il basso allorquando il quadro dovesse mutare.

Perché migrare da un fornitore di servizi cloud all’altro

Le ragioni che portano alla migrazione di un’intera infrastruttura o parte di essa da un provider a un altro sono molteplici: livello di servizio e di assistenza offerti (SLA), tipologia di servizio (alcuni provider non offrono certi tipi di servizi), livello di esperienza di un provider nella gestione di un servizio, ridondanza geografica e prezzo.

Diverse imprese stanno quindi non soltanto abbracciando un approccio ibrido ma addirittura multi-cloud. La totalità o buona parte dell’infrastruttura non viene cioè più accentrata presso un unico provider ma viene decentralizzata e distribuita su più fornitori. Un recente studio di Gartner evidenzia che già oggi il 90% delle aziende usa almeno un servizio cloud ma entro il 2020 il quadro sarà molto più variegato.


Ultimamente la sempre più rapida adozione del multi-cloud ha stimolato i processi di migrazione, perché è diventato normale avere le piattaforme utilizzate in azienda su più provider diversi.
Un tempo spostare un’intera infrastruttura era impensabile, complicato e rischioso; oggi, invece, un’impresa può spostare parti dell’infrastruttura orientandosi su quei provider che permettono di soddisfare ciascuna specifica esigenza.

Strategie per migrare dati e applicazioni: l’esempio Aruba

Le aziende con maggiore esperienza nella fornitura di servizi cloud presentano oggi piattaforme estremamente complete e versatili che sono il frutto di un’evoluzione iniziata già diversi anni fa.

Il caso più semplice consiste nella migrazione di uno strumento che pur rappresentando la parte core del business aziendale sfrutta componenti software che nascono in ottica web. Si pensi al caso di un’impresa che poggia interamente il suo business sull’e-commerce.


In queste situazioni il primo passo da compiere consiste nell’individuazione del servizio più adatto alle specifiche esigenze: se si tratta, per esempio, di un sito di e-commerce che cresce velocemente e che si trova, specie in periodi dell’anno ben precisi, a dover sostenere un carico di lavoro molto più pesante, le soluzioni cloud sono certamente da preferire.

Aruba offre la possibilità di migrare velocemente e senza intoppi un sito di e-commerce proponendo sia servizi di cloud pubblico sia privato.
Oltre alla configurazione di rete ridondata, il cliente può scegliere tra decine di template pronti per l’uso, selezionare le risorse con la possibilità di aumentarle o ridurle al bisogno, il tutto attraverso un comodo pannello di controllo.


Le difficoltà principali consistono nell’assicurare la continuità del servizio durante la migrazione evitando qualunque fermo del sito di e-commerce. Il volume dei dati è importante ma la possibilità di usare un collegamento di rete fino a 1 Gbps consente di trasferire i dati dal precedente provider molto rapidamente e in modo diretto, da cloud a cloud.
Grazie alle interconnessioni con gli altri provider (Aruba gestisce addirittura un PoP del MIX all’interno dei suoi data center: Attivato il nuovo PoP del MIX presso il Global Cloud Data Center Aruba di Bergamo) è possibile impostare temporaneamente attività di sincronizzazione dei dati da un altro provider verso la copia del database MySQL, SQL Server, MariaDB, PostgreSQL, DB2, Oracle, Sybase o altro conservata sul cloud di Aruba (oppure viceversa) configurando in modo corretto porte e permessi.

Senza entrare troppo negli aspetti tecnici e nelle specificità di ciascun progetto, basti tenere presente che la proposta cloud di Aruba può adattarsi sia alle esigenze più semplici che al supporto delle applicazioni più complesse. In perfetta logica multi-cloud, si può scegliere Aruba – ad esempio – per migrare la parte core sfruttando la sicurezza e l’affidabilità delle soluzioni e dei data center messi a disposizione dal provider. Si potrà invece lasciare presso altri provider le parti dell’infrastruttura utilizzate per lo svolgimento di test o per la gestione di applicazioni non mission critical.

La parte più delicata in vista della migrazione dal vecchio provider al nuovo provider cloud riguarda senza dubbio la gestione delle applicazioni. È infatti importante soppesare bene le difformità che esistono tra l’una e l’altra configurazione e, in particolare, sistema operativo utilizzato, versione dell’applicazione, file di configurazione adoperati, account utente e relativi permessi, eventuali porte aperte in ingresso, database utilizzati, locazioni di memoria in cui i database sono conservati e così via.
L’ideale sarebbe replicare, almeno inizialmente, la configurazione del vecchio provider su Aruba effettuando poi le necessarie ottimizzazioni anche sul versante prestazionale con particolare riferimento all’abilitazione di sistemi di caching e alla configurazione dei parametri e delle variabili d’ambiente.
La possibilità di ampliare istantaneamente le risorse hardware del server cloud e di estendere con uno sforzo quasi nullo la propria rete virtuale su Aruba consentirà di allestire una struttura che può essere resa estremamente dinamica nel corso del tempo e che può così mutare adattandosi a necessità e carichi di lavoro.
In questo modo non si correrà mai il rischio di fare investimenti sbagliati e non ci si dovrà occupare in proprio della manutenzione dell’hardware e della rete.

Chi si trova a gestire progetti avanzati può usare anche load balancer o “bilanciatori” per garantire la continuità del servizio fornito, gestire volumi di traffico elevati ed essere sempre pronti a sostenere picchi di traffico improvvisi.
Utilizzabili anche con i server cloud di Aruba, i bilanciatori consentono di ottimizzare le risorse dell’infrastruttura massimizzandone la produttività, riducendo al minimo i tempi di risposta ed evitando possibili sovraccarichi.


È possibile configurare i bilanciatori per i principali protocolli scegliendo fra gli algoritmi già preimpostati come LeastConn e Source (scheda tecnica Aruba).

A questo proposito è importante evidenziare come Aruba metta a disposizione dei clienti anche il servizio Unified Storage: grazie ad esso si può allestire un disco unico di grandi dimensioni egualmente accessibile da tutti i server cloud appartenenti alla stessa rete virtuale.


In questo modo è possibile non soltanto superare il limite della dimensione massima di 2 TB per le unità di memorizzazione collegate a ciascun server cloud ma approntare anche un layer comune in presenza di un’infrastruttura a bilanciamento di carico.
Tutti i server cloud potranno accedere al sistema di Unified Storage Aruba come NAS (esposto mediante l’utilizzo di risorse condivise NFS o CIFS/SMB) sia per necessità di condivisione in tempo reale che di archiviazione dei dati oltre che come iSCSI nel caso in cui vi fosse la necessità di attivare il clustering (è il caso dei database SQL Server in clustering).

Per i progetti di migrazione più complessi, Aruba mette a disposizione l’assistenza del suo personale qualificato, in grado di pianificare, realizzare e svolgere progetti di migrazione particolarmente articolati.
Il team di ingegneri Aruba può fornire supporto progettuale ed attuativo in vista della migrazione di sistemi di posta elettronica, sistemi di virtualizzazione, sistemi di storage, server e infrastrutture fisiche, siti web.

Per approfondire, vi segnaliamo un’ottima guida Aruba sulla progettazione di un data center cloud.

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