Una delle tecnologie più apprezzate in assoluto che utilizziamo praticamente ogni giorno si chiama Bluetooth. Dagli smartphone alle cuffie, dagli speaker audio al sistema di entertainment dell’auto, dai moderni TV ai sistemi audio, dagli smartwatch agli altri dispositivi indossabili ci affidiamo alla tecnologia Bluetooth per liberarci delle limitazioni e delle “scomodità” proprie della tecnologia cablata.
Il nome Bluetooth viene fatto derivare dal re Aroldo I di Danimarca che aveva proprio questo soprannome (letteralmente, “dente blu“).
Nel 1996 Intel, Ericsson e Nokia si riunirono per pianificare la standardizzazione di questa tecnologia radio a corto raggio: in quell’occasione Jim Kardach di Intel propose Bluetooth come nome in codice temporaneo. Kardach spiegò che il re Aroldo I di Danimarca era famoso per aver unito i Paesi scandinavi proprio come il nuovo standard wireless ambiva a unire l’industria dei PC e dei cellulari. In realtà il nome Bluetooth non fu mai sostituito e anche dopo il 1999, quando fu fondato lo Special Interest Group (SIG), che comprendeva anche Sony, IBM e Toshiba, è rimasto invariato.
Come funziona Bluetooth
Lo standard Bluetooth sfrutta la tecnica conosciuta come FHSS (Frequency-Hopping Spread Spectrum): essa prevede la suddivisione dello spettro compreso tra 2,402 e 2,480 GHz in 79 channels chiamati hop larghi 1 MHz ciascuno. Il segnale viene quindi trasmesso usando una successione di canali per il cui utilizzo trasmettitore e ricevitore si accordano esplicitamente.
Cambiando i canali di comunicazione fino a 1600 volte al secondo, lo standard Bluetooth può evitare interferenze con altri segnali radio.
Bluetooth si basa su una modalità operativa master/slave: con il termine piconet ci si riferisce alla rete formata da un dispositivo e da tutti i dispositivi che si trovano nel suo raggio d’azione. All’interno di una singola area di copertura possono coesistere fino a 10 piconet.
Un master può connettersi contemporaneamente a un massimo di 7 dispositivi slave attivi (255 in modalità park: quando cioè il dispositivo perde lo status di slave attivo). In realtà, in un dato momento, il dispositivo master può essere connesso solo a un singolo slave per volta. Bluetooth passa rapidamente da uno slave all’altro per far sembrare che il dispositivo sia connesso contemporaneamente a tutti i vari slave.
Bluetooth consente anche di collegare tra loro due piconet per formare una rete più ampia, chiamata scatternet: appositi dispositivi possono fare da ponte tra le piconet.
Durante il normale utilizzo un dispositivo funziona in modalità passiva ovvero si pone in ascolto rilevando qualsiasi attività di rete.
L’instaurazione di una connessione inizia con una fase di interrogazione (inquiry) durante la quale il dispositivo master invia una richiesta a tutti i dispositivi nel suo raggio d’azione. Tutti i dispositivi, detti access point, che ricevono la richiesta, rispondono con il loro indirizzo.
Il master sceglie quindi un indirizzo e si sincronizza con l’access point utilizzando una procedura chiamata paging: è in questa fase che avviene la sincronizzazione del clock e l’impostazione delle frequenze da usare.
Successivamente viene stabilito un collegamento con l’access point e attraverso SDP (Service Discovery Protocol) il master può raccogliere informazioni sui dispositivi, sui servizi offerti e sulle caratteristiche dei servizi dell’access point. Lo standard Bluetooth definisce un certo numero di profili applicativi che permettono di indicare quale tipo di servizi vengono offerti da ogni singolo dispositivo.
Ciascun dispositivo Bluetooth può supportare più profili: date un’occhiata ai profili Bluetooth più comuni.
Il profilo Bluetooth di un dispositivo determina con quali dispositivi Bluetooth può comunicare e come avviene questa comunicazione.
Al termine di questa fase, il master può creare un canale di comunicazione con l’access point utilizzando il protocollo L2CAP.
L’access point di solito utilizza un meccanismo di sicurezza chiamato pairing che impedisce la connessione da parte dei dispositivi e degli utenti non autorizzati. Il pairing corrisponde alla procedura di accoppiamento Bluetooth: l’associazione tra dispositivi viene effettuata con una chiave comunemente nota come PIN.
L’access point invia una richiesta di associazione al dispositivo master e l’utente, come ulteriore misura di sicurezza, deve inserire il PIN indicato dall’access point. Se il PIN è corretto, la connessione Bluetooth viene stabilita.
Al termine, le informazioni Bluetooth vengono salvate e non è necessario ripetere nuovamente il processo di accoppiamento una volta concluso con successo.
Come attivare Bluetooth
Tutto questo per dire che una tecnologia così semplice da usare qual è Bluetooth si basa su una serie di passaggi che “dietro le quinte” sono anche piuttosto complessi.
Per attivare Bluetooth sullo smartphone basta toccare l’icona con il noto simbolo di questo standard tecnico-industriale.
In Windows basta digitare Bluetooth nella casella di ricerca e scegliere Impostazioni dei dispositivi Bluetooth e di altro tipo (ovviamente solo su quei dispositivi che integrano il modulo Bluetooth). Attivando l’opzione Bluetooth, nella traybar compare un’icona che conferma l’avvenuta abilitazione del modulo Bluetooth.
L’app Collegamento al telefono sviluppata da Microsoft sfrutta diversi profili Bluetooth per consentire il trasferimento dei dati tra PC e smartphone, la gestione diretta delle chiamate e in alcuni casi anche il mirroring del dispositivo.
Su macOS per attivare o disattivare Bluetooth basta accedere alle impostazioni di sistema quindi cliccare sull’icona del Bluetooth nella barra laterale.
Le cuffie e gli altoparlanti Bluetooth si connettono a un dispositivo sorgente o access point alla volta. Se le cuffie o gli altoparlanti sono già collegati a un dispositivo sorgente, non è possibile connetterli con un altro dispositivo a meno che non venga rimossa l’associazione già in essere.
Se si effettua un ripristino del dispositivo o si eliminano le informazioni Bluetooth, è necessario ripetere la procedura di accoppiamento tenendo comunque presente che c’è un limite al numero di dispositivi Bluetooth con cui le cuffie e gli altoparlanti possono essere accoppiati. Di solito le informazioni sugli accoppiamenti più vecchi vengono rimosse una volta raggiunto il limite massimo di dispositivi associati.
Molti dispositivi Bluetooth appena acquistati e avviati entrano automaticamente nella modalità di associazione o accoppiamento la prima volta che vengono accesi. In questo modo il dispositivo (si pensi a cuffie, auricolari o speaker) diventa subito rilevabile.
Allorquando si decidesse di accoppiare un secondo dispositivo, è necessario attivare manualmente la modalità di accoppiamento: in questo caso il dispositivo Bluetooth non entra automaticamente nella modalità di associazione, a differenza della prima volta.
Con molti dispositivi Bluetooth, l’attivazione della modalità di accoppiamento viene eseguita tenendo premuto il pulsante di associazione/accensione sul dispositivo per alcuni secondi. Di solito viene riprodotto un segnale sonoro o utilizzando un LED lampeggiante per informare l’utente che il dispositivo è correttamente entrato nella modalità di associazione.
Se i dispositivi Bluetooth supportano anche la tecnologia NFC, per configurarli non è neppure necessario accedere alle impostazioni Bluetooth: basta verificare che il chip NFC sia attivo su entrambi i dispositivi perché la configurazione del collegamento Bluetooth avvenga in automatico senza alcun passaggio aggiuntivo.
Bluetooth: versioni e classi
La tecnologia Bluetooth che usiamo oggi non è la stessa dei primi anni 2000: il principio di funzionamento è quello illustrato in precedenza ma le versioni Bluetooth più recenti possono fare di più con meno. Tre cose sono cambiate con le varie evoluzioni di Bluetooth nel corso degli anni: consumo energetico, portata del segnale e velocità di trasferimento dati.
Bluetooth 1.0 offriva un raggio di copertura non superiore a 10 metri e una velocità massima di 1 Mbps. Con le successive iterazioni (Bluetooth 2.0 e 3.0) si è arrivati rispettivamente fino a 3 e 24 Mbps di banda.
Con l’avvento di Bluetooth 4.0 e 5.0 la copertura è stata estesa addirittura fino a 250 metri ma soprattutto, grazie alle specifiche Bluetooth Low Energy (BLE) sono stati significativamente ridotti i consumi energetici. I consumi dei dispositivi BLE possono essere fino a 100 volte inferiori rispetto a quelli del Bluetooth classico.
In un altro articolo abbiamo visto le differenze tra Bluetooth classico e Bluetooth Low Energy: con BLE la banda è limitata a 2,1 Mbps ma essa risulta assolutamente sufficiente per veicolare uno streaming audio a elevata qualità. Con Spotify si può ascoltare alla massima qualità impegnando appena 320 kbps.
Con il futuro utilizzo delle frequenze sui 6 GHz da parte di Bluetooth, similmente a quanto è stato fatto con WiFi 6E, la banda disponibile potrebbe salire fino a 8 Mbps.
Abbiamo detto che lo standard Bluetooth, anche nelle implementazioni più antiche, è stato progettato con l’obiettivo di mantenere bassi i consumi energetici a fronte di un raggio di copertura contenuto.
Così, si parla di dispositivi Bluetooth di classe 1 per quelli che trasmettono con una potenza pari a 100 mW su 100 metri; di classe 2 per i dispositivi che trasmettono dati con una potenza di 2,5 mW su 10 metri; di classe 3 per i device che lavorano a 1 mW con una portata ridotta (1-2 metri).
Le cuffie, gli auricolari e i telefoni Bluetooth più recenti sono di classe 2 mentre alcuni di classe 3. Per quanto riguarda i dispositivi Bluetooth di classe 1, le abilità in termini di copertura richiedono molta più energia: ciò richiede una fonte di alimentazione esterna (non è più sufficiente una piccola batteria).
Device Bluetooth di classe 1 si incontrano nelle implementazioni industriali, ad esempio sotto forma di dispositivi IoT utilizzati in fabbrica o in una catena di montaggio.
Il corretto funzionamento di Bluetooth dipende sia dall’hardware che dal software: se i dispositivi che si provano ad accoppiare non parlano una “lingua Bluetooth” comune, non saranno in grado di comunicare reciprocamente.
In generale, Bluetooth è compatibile con le versioni precedenti: i dispositivi Bluetooth che supportano lo standard Bluetooth 5 sono generalmente in grado di “parlare”, ad esempio, anche con i dispositivi che supportano le vecchie specifiche Bluetooth 2.1, lanciate nel 2007.
Le eccezioni sono i prodotti che utilizzano BLE: essi non sono compatibili con le versioni precedenti e non riconoscono né si accoppiano con i dispositivi meno recenti che supportano il Bluetooth classico. Tuttavia, se un dispositivo supporta Bluetooth 4.0 (in alcuni casi), 4.2 (nella maggior parte dei casi) o Bluetooth 5.0 e versioni successive (nella maggior parte dei casi), esso dovrebbe riconoscere senza problemi altri dispositivi compatibili BLE o con Bluetooth classico.
Per sapere quale versione di Bluetooth è supportata in Windows basta fare riferimento alla finestra Gestione dispositivi del sistema operativo.
Codec e Bluetooth
I dati che si trasferiscono attraverso Bluetooth vengono tipicamente trasferiti usando codec che effettuano la compressione dati (e/o la decompressione in lettura) in modo da poter ottimizzare il flusso trasmesso attraverso il canale di comunicazione.
Codec come aptX, AAC, SBC e LDAC devono corrispondere tra i dispositivi Bluetooth trasmittenti e riceventi; influiscono inoltre su fattori come il consumo energetico, la velocità di trasferimento dati, la qualità e altro ancora.
A metà 2022 il SIG ha presentato Bluetooth LE Audio, per una migliore gestione dei flussi audio. Grazie al supporto per il codec LC3, Bluetooth LE Audio garantisce migliori performance e una qualità sonora superiore a fronte di un consumo energetico ridotto. Pur utilizzando bitrate più contenuti, i flussi sonori assicurano una qualità superiore impegnando meno banda e meno energia.