Per il ciclo back to basics prendiamo in esame un termine che utilizziamo spesso nei nostri articoli e che risulta fondamentale in informatica e nelle telecomunicazioni.
Il bitrate è un valore che esprime la quantità di informazioni digitali o bit trasferite nell’unità di tempo.
Quando si parla di trasferimenti di dati si parla sempre implicitamente di bitrate. Nelle telecomunicazioni, infatti, il concetto di bitrate è sovrapponibile con quello della velocità di trasferimento dati e quindi, ad esempio, con la banda disponibile su una connessione di rete.
Nei sistemi di comunicazione l’informazione viene memorizzata e veicolata in digitale: dal momento che si ha a che fare con una sequenza di bit ecco che ne discende l’utilizzo del termine bitrate.
Le connessioni a banda larga e ultralarga di oggi permettono di trasferire decine o centinaia di Megabit per secondo (Mbps). Con le connessioni in fibra ottica si parte da 1 Gbps per secondo per arrivare a 10 Gbps: attenzione alla differenza tra gigabit e gigabyte.
In una connessione in rame vengono utilizzati segnali elettrici per trasferire l’informazione usando il codice binario; in una connessione ottica (si pensi ai cavi in fibra ottica) per trasferire le stesse informazioni si usa l’intensità della luce.
Il processo di trasformazione dei dati in formato binario in un segnale adatto alla trasmissione è detto codifica di linea: ci sono vari schemi di codifica di linea che possono essere utilizzati in base alle esigenze.
Bitrate di contenuti audio e video
Nel caso dei video e dei file audio un bitrate elevato definisce la “ricchezza” di informazioni trasferite nell’unità di tempo.
Un bitrate elevato è senza dubbio uno dei fattori più importanti per la qualità di un video e per migliorare la qualità di ascolto di un contenuto musicale.
Insieme a un valore bitrate soddisfacente, risoluzioni e frame rate elevati contribuiscono ad assicurare la resa di video a elevata qualità.
I video di qualsiasi lunghezza e dimensione richiedono molti più dati rispetto, per esempio, alle foto ad alta risoluzione o alle normali e-mail. Per raggiungere il pubblico con contenuti distintivi su una piattaforma di trasmissione in diretta o su un sito di hosting video, assicurati che la trasmissione dei dati sia abbastanza veloce.
Quando si parla di video nel broadcasting, la trasmissione dei dati è spiegata attraverso upload e download. Caricare significa che i dati vengono trasferiti dal tuo dispositivo remoto al web dopo aver inviato il segnale video al codificatore per la compressione dei dati. Il download, a sua volta, illustra il processo quando gli utenti ricevono il video sui loro dispositivi dal web.
Indipendentemente dai tipi di trasferimento, misuriamo la loro velocità utilizzando il bitrate. Una maggiore velocità di trasferimento implica più dati da passare, mentre un bitrate più alto si traduce in un video di migliore qualità.
Quando si trasmette un video online (attività di broadcasting) l’attrezzatura che si usa è senza dubbio essenziale per creare e distribuire contenuti dall’aspetto professionale.
L’aspetto ancora più importante è però proprio il bitrate con cui si registra il video poiché questo parametro ha un impatto diretto sulla dimensione del file e sulla qualità del video che si otterrà.
Un bitrate più alto si traduce in una migliore qualità e in file di dimensioni maggiori. D’altra parte la scelta dei giusti valori di bitrate è altrettanto cruciale: più grande è il file da gestire, più problemi di buffering può causare.
In una trasmissione digitale il bitrate può essere costante oppure variabile: le sorgenti CBR (constant bit rate) sono ad esempio utilizzate nel caso della fonia digitalizzata o VoIP; le VBR (variable bit rate) sono ad esempio usate dalle sorgenti che distribuiscono flussi video digitali in cui si alternano immagini a basso movimento e colore abbastanza uniforme con immagini ad alto movimento e colore estremamente vario; il tutto con audio non presente in modo continuativo.
Ovviamente la banda e quindi il bitrate complessivo necessari per trasportare flussi multimediali o solamente video è sempre molto maggiore rispetto alla distribuzione di flussi audio.
Spotify Premium consente di attivare la riproduzione audio con un bitrate pari a 320 kbps (296 kbps nella versione Web del servizio): riuscire ad apprezzare la differenza tra brani musicali a 320 kbps e 128 kbps non è cosa da tutti. È importante mettere alla prova le proprie abilità di ascolto tenendo presente che molto dipende dall’impianto audio che si utilizza.
In un altro articolo vi abbiamo invitato a provare a riconoscere la qualità audio con cui vengono riprodotti dei brani musicali riconoscendo il corrispondente bitrate.
L’azienda aveva anche annunciato l’arrivo sul mercato di Spotify HiFi per ascoltare i brani musicali alla massima qualità possibile con bitrate pari a ben 1.411 kbps (1,4 Mbps circa).
Basti pensare che il bitrate di un video 4K UHD è generalmente compreso nella forbice 5-25 Mbps, quindi molto di più rispetto ai 128-320 kbps di un brano musicale.
Per un video Full HD bastano 7 Mbps, per i contenuti HD 720p è sufficiente ancora meno banda: appena 3-5 Mbps in media.
Ne parliamo nell’articolo in cui vediamo quanta banda è necessaria per non avere problemi con lo streaming.
Netflix e le altre piattaforme di streaming video utilizzano inoltre il meccanismo ABR (adaptive bitrate streaming) che provvede a regolare automaticamente i parametri tecnici del flusso audio e video in base alla banda effettivamente disponibile lato utente in ogni momento.
Temporanee situazioni di congestione della rete, un trasferimento dati pesante in download e/o in upload effettuato da uno o più dispositivi collegati in rete locale possono influenzare negativamente la riproduzione di un video in streaming e provocare buffering: per evitare questi fenomeni, il bitrate viene adattato in modo dinamico.
L’ottimizzazione dinamica, che Netflix utilizza da anni, permette anche di usare un bitrate più elevato per le scene più complesse per passare a un bitrate più conservativo nel caso di scene più “semplici”.
L’uso di tecniche di compressione dati (codifica di sorgente) permette di abbassare, anche notevolmente, la banda effettivamente necessaria per la trasmissione dei flussi audio-video. Tant’è vero che il Low Complexity Communications Codec (LC3), codec utilizzato con lo standard Bluetooth LE Audio, permette di trasmettere flussi sonori con una qualità superiore pur usando bitrate più bassi: una dimostrazione del funzionamento di LC3. Indossate preferibilmente le cuffie e provate a cliccare sui vari pulsanti per ascoltate la resa della serenata in Sol maggiore K 525 di Mozart in formato non codificato, con codifica SBC (Bluetooth standard) e LC3 ai vari bitrate.
Invitiamo il lettore anche ad approfondire il funzionamento del codec LDAC.
Gli algoritmi di compressione utilizzati in ambito multimedia sono di tipo lossy: essi rimuovono alcuni dati che non incidono negativamente sulla riproduzione audio-video per ottenere uno streaming più leggero, più facile da gestire e che occupa meno banda.
Netflix utilizza tipicamente il codec H.264 (MPEG-4 AVC) mentre i flussi 4K vengono gestiti ricorrendo ai codec HEVC (H.265) o VP9: le differenze tra HEVC e H.264.
Come altre piattaforme, Netflix sta però guardando al codec AV1 che permetterebbe di arrivare anche a dimezzare la banda necessaria per veicolare i contenuti in streaming. In altre parole, con bitrate molto inferiori si può ottenere una qualità video identica a quella a cui siamo abituati con H.264.
AV1 prevede inoltre la codifica a 10 bit di tutti i flussi video: il risultato è che la maggiore profondità di colore assicura una resa cromatica molto più realistica e riduce gli artefatti. Inoltre la codifica AV1 utilizza sempre risoluzione e frame rate più elevati per allineare la resa del contenuto presentato ai fruitori con quella del prodotto realizzato da chi l’ha creato con apparecchiature professionali.
Ovviamente siamo ancora agli inizi perché per fruire di contenuti AV1 bisognerà servirsi di TV e in generale pannelli in grado di supportare la codifica e la profondità di colore a 10 bit.
Come abbiamo già detto, la trasmissione in proprio di flussi multimediali richiede più larghezza banda rispetto a un video che viene semplicemente pubblicato su un sito Web.
Il bitrate da scegliere dipende da diversi fattori tra cui il tipo di contenuto, la codifica e lo strumento che si usa per il broadcasting.
Senza addentrarci troppo nei dettagli, diciamo che per fare streaming su piattaforme come Facebook, YouTube o Twitch è necessario disporre di una connessione che offra almeno la banda in upload riportata di seguito:
- 4,5-6 Mbps per lo streaming in Full HD con frame rate elevato (1080p, 60 fps)
- 3,5-5 Mbps per lo streaming in Full HD con frame rate standard (1080p, 30 fps)
- 3,5-5 Mbps per lo streaming HD con un frame rate elevato (720p, 60 fps)
- 2,5-4 Mbps per lo streaming HD con un frame rate standard (720p, 30 fps)
Ovviamente durante lo streaming si dovranno usare solo dispositivi connessi al router via cavo Ethernet e impostare regole QoS sul router (Quality of Service) per evitare che qualche trasferimento dati particolarmente gravoso non riduca la banda disponibile.