Continua “la stretta” su Google che viene esplicitamente accusata di abuso di monopolio da parte di alcuni tra i principali editori europei. La stessa FIEG, Federazione Italiani Editori Giornali, ha alzato la voce firmando la lettera di protesta inviata da numerose realtà editoriali del Vecchio Continente alla Commissione Europea.
Joaquin Almunia, commissario europeo col portafoglio della Concorrenza, aveva esplicitamente accusato la società statunitense di “deviare gli utenti” verso i suoi servizi dando loro maggior visibilità rispetto a quelli della concorrenza ed integrandoli direttamente con il meccanismo di searching online.
Di recente Google aveva proposto una possibile soluzione e, successivamente, voci di corridoio facevano riferimento ad una imminente “archiviazione” del caso (Dopo due anni, Google fa pace con la Commissione Europea).
Gli editori non ci stanno e chiedono direttamente ad Almunia di non mettere tutto nel cassetto denunciando una serie di comportamenti ritenuti irregolari. Secondo la FIEG e le altre associazioni degli editori, le proposte presentate da Google non sarebbero soddisfacenti. L’azienda si riserverebbe il diritto di decidere autonomamente il posizionamento dei link mostrati nelle pagine SERP (i risultati delle ricerche) ponendo comunque i suoi servizi in bell’evidenza. “Il fatto che le aziende rivali debbano pagare per essere visualizzate in testa ai risultati delle ricerche potrebbe segnare la fine della concorrenza“, si legge nella missiva elaborata dagli editori europei.
In realtà Google ha sempre sostenuto di non modificare “ad arte” i risultati delle ricerche dando artificiosamente maggiore visibilità ad un soggetto piuttosto che ad un altro. L’ordinamento dei link avviene utilizzando un algoritmo che opera in maniera automatica: tanti sono i parametri per stabilire quale pagina debba essere visualizzata prima di un’altra. Un riquadro “annunci sponsorizzati”, di solito dal contenuto dinamico, viene invece mostrato nel caso in cui l’utente effettui determinate ricerche. L’inserimento in quel riquadro, evidenziato in maniera differente rispetto agli altri link, è invece a pagamento (programma AdWords).
La critica è che Google, per evidenziare i propri servizi, avrebbe scelto una soluzione grafica molto simile a quella di AdWords continuando a non dare sufficiente visibilità ai servizi concorrenti. “Tutti i rivali sono tenuti ad un clic di distanza“, si legge nella lettera.
Giulio Anselmi, Presidente della FIEG, afferma che “una ricerca equa e non discriminatoria realizzata con criteri imparziali nei confronti di tutti i siti web è prerequisito essenziale per lo sviluppo dei media e delle tecnologie a livello europeo“. Certamente l’algoritmo di ranking utilizzato da Google dovrebbe utilizzare lo stesso metro di giudizio per valutare la qualità e la pertinenza di ciascuna pagina web rispetto alla specifica query di ricerca impostata dall’utente (la società ha sempre voluto fornire rassicurazioni in tal senso). È però impensabile che Google possa mettere a fattor comune tutti i segreti del suo algoritmo di ranking, quel Sacro Graal che viene inseguito, da sempre, dai SEO di tutto il mondo e, più semplicemente, da chiunque gestisca a livello professionale ma anche amatoriale un qualunque sito web.
È altrettanto impensabile che l’algoritmo di ranking utilizzato da Google, frequentemente oggetto di modifiche ed “ottimizzazioni”, possa essere imparziale. Per la sua stessa concezione tecnica non può esserlo.
Gli editori sostengono poi che Google utilizzi parte dei loro contenuti ripubblicandoli sui suoi servizi senza alcuna autorizzazione. È questa, probabilmente, l’affermazione più delicata perché il motore di ricerca così come, ad esempio, Google News sono strumenti grazie ai quali un editore può acquisire nuovi lettori godendo di traffico aggiuntivo a costo zero.
“Abbiamo creato Google per gli utenti, non per i siti web“, si legge in una breve risposta pubblicata dal colosso di Mountain View. Il messaggio è che Google non desidera piegarsi alle logiche delle singole realtà commerciali: la società è convinta di aver offerto delle soluzioni valide per venire incontro alle richieste della Commissione Europea.