A distanza di due mesi dalla prima votazione che ha portato alla bocciatura della proposta iniziale in materia di nuove norme a tutela del copyright (vedere Il Parlamento europeo non approva le nuove norme a tutela del copyright) buona parte degli europarlamentari ha cambiato posizione.
Nel corso della riunione plenaria di quest’oggi a Strasburgo il Parlamento europeo ha approvato con 438 favorevoli, 226 contrari e 39 astenuti versioni modificate degli articoli 11 e 13 il cui testo, nei mesi scorsi, ha sollevato un vero e proprio vespaio di polemiche.
Come abbiamo visto in precedenza, l’articolo 11 della nuova norma europea in materia di copyright offre l’opportunità agli editori di “batter cassa” chiedendo a Google e agli altri aggregatori di notizie (simili a Google News) un corrispettivo economico per i contenuti parzialmente riprodotti (“in estratto”).
L’articolo 13 prevede invece che le piattaforme Internet che consentono l’upload di contenuti da parte degli utenti l’obbligo di scandagliare ogni singolo contenuto caricato online bloccando quelli potenzialmente lesivi degli altrui diritti.
Seppur modificati rispetto all’impianto originario, il testo degli articoli 11 e 13 è stato aspramente criticato da più parti. Pezzi da novanta come Sir Tim Berners-Lee, Vint Cerf, Bruce Schneier, Jimmy Wales e Mitch Kapor hanno fortemente osteggiato la riforma descrivendo quelle in corso di approvazione come disposizioni in grado di minare le fondamenta della rete Internet trasformandola da una piattaforma aperta, volano per le attività di condivisione e per l’innovazione, in uno strumento per la sorveglianza di massa e il controllo degli utenti.
EDiMA, associazione europea che rappresenta le principali piattaforme online come Airbnb, Allegro, Amazon EU, Apple, eBay, Expedia, Facebook, Google, King, Microsoft, Mozilla, Oath, OLX, Snap Inc., TripAdvisor, Twitter, Veon Digital e Yelp ha definito “sconcertante e sorprendente” l’esito della votazione odierna.
“Ci auguriamo che le eccezioni sollevate dai cittadini europei, dagli esperti accademici, dai piccoli editori, dalle startup possano essere prese in condizionare nelle successive fasi della discussione“, si legge nel comunicato di EDiMA.
Inutile dire che anche noi condividiamo forte preoccupazione per la direzione che è stata imboccata dal Parlamento europeo. Non accorgersi che strumenti come Google News rappresentano solamente un valore aggiunto, in grado di aumentare la visibilità dei contenuti prodotti dagli editori (piccoli o grandi che siano), preziosi meccanismi capaci, in ultima analisi, di accrescere i ricavi significa essere lontani anni luce dal mondo reale, non conoscere “i fondamentali” della rete, non avere idea di come si muovono gli utenti e di come dare valore ai propri contenuti. Significa essere dinosauri fortemente ancorati a una visione dell’editoria ormai anacronistica.
Anziché aggiornarsi e innovare, un dinosauro pensa ancora con le logiche della stampa cartacea. E purtroppo, come conferma l’andazzo imperante, tanti dinosauri non abitano solo in Italia.
A questo punto ci chiediamo: chi impedirà a Google e agli altri aggregatori di contenuti maggiormente in vista di allestire un sistema per raccogliere il consenso da parte degli editori online al fine della ripubblicazione gratuita degli estratti dei contenuti da loro prodotti?
Messo in piedi questo sistema, nessuno dovrà nulla a Google & C. mentre gli editori più miopi rimarranno con un pugno di mosche in mano. Suggeriamo anche di dare un’occhiata alla “lettera aperta” firmata da tanti docenti proprio su questo tema.
Quanto all’articolo 13, dal momento che è di fatto impossibile per il fornitore di un servizio online assicurarsi che tutti i contenuti pubblicati dagli utenti non violino i diritti altrui, dovrà essere messa in piedi per legge una struttura che permetta di monitorare tutto quanto viene caricato in rete dai singoli utenti. Invece che confermare il ruolo dell'”intermediario della comunicazione”, si preferiscono cambiare le regole non accorgendosi che così si rischia solamente di limitare la libertà dei cittadini accettando e addirittura promuovendo il concetto di “sorveglianza di massa”.
La battaglia è però tutt’altro che conclusa: il voto definitivo sulla nuova regolamentazione in materia di copyright è previsto per gennaio 2019 anche se questo passaggio finale potrebbe slittare più avanti.