Ha sollevato un vespaio la decisione di Apple di non fornire assistenza al governo degli Stati Uniti per sbloccare l’iPhone 5C personale di uno degli attentatori della recente strage di San Bernardino (California).
Un giudice californiano ha infatti appena intimato ad Apple di attivarsi per sbloccare e decodificare il contenuto dell’iPhone 5C di uno degli attentatori consegnando tutte le informazioni raccolte all’FBI.
I dati servirebbero per sveltire le indagini e recuperare preziose informazioni sulle cellule dell’ISIS operative negli Stati Uniti. Una questione di sicurezza nazionale, insomma.
A partire dal rilascio di iOS 8, Apple ha attivato – in maniera predefinita – la crittografia dei dati memorizzati sui suoi dispositivi mobili. L’obiettivo, evidentemente, era quella di rafforzare la posizione dell’azienda in seguito ad eventuali richieste governative.
Una sorta di “Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo” papalino riportato in auge ne Il marchese del Grillo“.
Allora, quando Apple attivò la crittografia in iOS 8, la società spiegò che da quel momento non sarebbe stata tecnicamente in grado di rispondere alle richieste governative per l’estrazione di dati da qualunque dispositivo mobile col simbolo della mela morsicata.
Il giudice federale californiano Sheri Pym, ha adesso ordinato ad Apple di intervenire e di inserire una backdoor nell’iPhone 5C di proprietà dell’attentatore.
E Tim Cook, numero uno di Apple, per tutta risposta, ha pubblicato una lettera aperta sorprendentemente aggressiva (il testo è consultabile a questa pagina) con la quale prova a giustificare la decisione di opporsi all’ordine del tribunale.
“L’opposizione ad un ordine del giudice è qualcosa che non prendiamo certo alla leggera“, scrive il CEO di Apple spiegando dapprima a che cosa serve la crittografia e perché ce n’è bisogno, passando quindi ad esaminare il caso di San Bernardino e la richiesta dell’FBI.
Il nocciolo dell’intervento di Cook, però, potrebbe essere così tradotto: “sinora abbiamo fatto tutto il possibile per aiutare le indagini dell’FBI. Il governo degli Stati Uniti, però, ci sta chiedendo adesso di fare una cosa che riteniamo troppo pericolosa da realizzare. Ci è stato richiesto di creare una backdoor per accedere all’iPhone“.
Nello specifico, spiega ancora Cook, “l’FBI ha ordinato ad Apple di creare una nuova versione di iOS che permetta di scavalcare gran parte delle funzionalità di sicurezza dell’iPhone e di fare in modo che essa venga installata su uno dei dispositivi recuperati durante le indagini” (in seguito alla strage di San Bernardino, n.d.r.).
L’amministratore delegato di Apple continua osservano che, nelle mani sbagliate, questo software (“che oggi non esiste“, assicura Cook) potrebbe consentire di sbloccare qualunque iPhone sulla faccia della terra.
L’FBI ha espressamente prescritto ad Apple tre passaggi:
– Scavalcare o disattivare la funzione di autocancellazione del contenuto dello smartphone (indipendentemente dal fatto che questa sia o non sia abilitata). Ricordiamo che i dispositivi Apple possono essere configurati per cancellare tutti i dati dopo dieci tentativi di accesso falliti.
– Fornire gli strumenti per inserire i codici di accesso per lo sblocco del dispositivo attraverso interfaccia fisica (porte) oppure via Bluetooth/WiFi.
– Accertarsi che dopo lo sblocco del dispositivo non entrino in funzione altri sistemi di autoprotezione che possano comportare perdite di dati o l’imposizione di ulteriori limitazioni.
Sebbene l’FBI usi termini tecnici diversi, Cook non esita a battezzare il software come una vera e propria backdoor.
Secondo i vertici di Apple sottostare all’ordine governativo creerebbe un pericoloso precedente: ogni cittadino, quindi, potrebbe essere soggetto ad ingerenze per la Mela assolutamente insostenibili ed inaccettabili.
Traducendo, secondo Apple l’inserimento – in via eccezionale – di una backdoor che permetta di recuperare i dati solamente dal terminale di proprietà degli attentatori potrebbe portare utenti terzi, con un certo numero di modifiche, ad abusare di tale funzionalità per “far saltare” la codifica dei dati su qualunque iPhone. Ed Apple non vuole correre questo rischio, nonostante la sua possa passare per una crociata “di marketing”.