Riparare in proprio un dispositivo mobile sta diventando sempre più complicato, senza contare che in molti casi la riparazione spesso costa più del prodotto nuovo.
Le aziende produttrici, inoltre, non sono particolarmente propense a tollerare la riparazione in totale autonomia, da parte dei clienti, dei dispositivi con il loro marchio.
Per questo motivo in molti stati il legislatore sta intervenendo per garantire al consumatore il cosiddetto “diritto alla riparazione” dell’oggetto acquistato.
Negli Stati Uniti si sta sollevando un polverone per la posizione assunta da Apple proprio in merito al “diritto alla riparazione”.
La società della Mela, attraverso i suoi legali, si sarebbe infatti attivata per bloccare l’approvazione delle leggi in materia in alcuni stati d’Oltreoceano come il Nebraska.
Se la normativa entrasse in vigore, infatti, sia Apple che altri produttori hardware potrebbero essere obbligati a rendere disponibili, a centri di riparazione indipendenti e utenti finali i componenti sostitutivi oltre che a fornire supporto e manuali per l’installazione.
Una misura similare era stata accantonata lo scorso anno a New York sotto la pressione degli avvocati di Apple e IBM: le due aziende sostennero infatti come una riparazione autonoma dei dispositivi acquistati dagli utenti non potesse essere “sicura”.
Negli Stati Uniti la battaglia a favore di una legislazione che possa facilitare le riparazioni in totale libertà è condotta principalmente da Repair.org, associazione che raccoglie migliaia di “riparatori indipendenti”.
Per Apple sarebbe una bella “gatta da pelare”: ricordiamo ad esempio quanto accaduto nel caso dell’Error 53, comparso sui dispositivi dotati di Secure Enclave che erano stati “aperti” all’infuori dei centri autorizzati: Errore 53, Apple si scusa e rilascia la correzione per iOS.