Durante la Google I/O 2019 la società di Mountain View ha presentato una vera e propria infornata di novità a tutto tondo che riguardano prodotti e servizi.
L’azienda fondata da Larry Page e Sergey Brin ha presentato Android Q beta 3, versione di anteprima della nuova release del sistema operativo che introdurrà molteplici novità.
Il rilascio della versione finale di Android Q è atteso per il prossimo autunno ma nel frattempo i tecnici di Google ne hanno svelato le principali innovazioni.
Alcune di esse le avevamo snocciolate nell’articolo Android Q, presentata la prima beta della nuova versione del sistema operativo ma oggi i portavoce di Google sono stati decisamente più precisi.
Nel complesso, con Android Q, Google sembra voler affinare funzionalità e meccanismi che erano stati introdotti con Pie e non completamente ultimati.
Android Q permetterà di scegliere un tema a sfondo scuro; una speciale API utilizzabile dagli sviluppatori consentirà alle singole app di stabilire se l’utente abbia o meno scelto tale soluzione grafica in modo da adattare l’interfaccia di conseguenza.
Il nuovo sistema operativo sembra inoltre ispirarsi al funzionamento degli iPhone per quanto riguarda la gestione con i gesti. Le gesture sembrano per larga parte ispirate a quelle di casa Apple e ce n’è anche una che simula la pressione del pulsante Indietro.
Partendo dalla barra bianca posta in calce alle schermate di Android Q si possono effettuare diverse operazioni di swiping per passare alla Home, alla vista delle app aperte, al passaggio da un’applicazione all’altra, alla lista delle app installate sul dispositivo.
Per quanto riguarda l’aspetto legato a una più ampia distribuzione degli aggiornamenti di sicurezza, Google ha creato Project Mainline, iniziativa volta alla distribuzione delle patch più importanti attraverso i Play Services.
In questo modo non c’è bisogno di attendere che i singoli produttori rilascino aggiornamenti del firmware, cosa che – spesso – non succede mai.
Project Mainline può aggiornare un numero limitato di componenti software ma il focus è certamente sul tema della sicurezza. L’elenco dei “moduli” sui quali il meccanismo progettato dai tecnici di Google può ad oggi intervenire è il seguente ed è composto da 14 oggetti: ANGLE, APK, Captive portal login, Conscrypt, DNS resolver, Documents UI, ExtServices, Media codecs, Media framework components, Network permission configuration, Networking components, Permission controller, Time zone data, Module metadata.
Si tratta di aree del sistema operativo cruciali per il suo corretto funzionamento che, talvolta, sono prese di mira da codice malevolo.
Invitandovi a dare un’occhiata all’articolo Google impone ai produttori di smartphone Android l’obbligo di rilasciare aggiornamenti continui, Google ha provato nel corso del tempo a sollecitare i produttori al rilascio di aggiornamenti Android maniera più assidua.
Innovazioni come Project Treble (Project Treble: cos’è e come migliorerà l’aggiornamento di Android) hanno sicuramente contribuito alla diffusione di Android 9 Pie ma le quote di utilizzo, finalmente aggiornate da Google dopo ben sei mesi di silenzio non sono ancora incoraggianti.
Il resoconto pubblicato in questa pagina mostra un Android ancora molto frammentato con l’adozione di Pie che supera il 10% ottenendo comunque un risultato migliore rispetto a quello che Oreo fece siglare un anno fa (oggi complessivamente al 28,3%).
Sono però ancora tantissimi i dispositivi che usano Android 6.0 Marshmallow (16,9%) e Android 7.x Nougat (19,2%). Per non parlare di quasi un 15% che usa ancora Android 5.x Lollipop e di un 7% che usa il vetusto Android 4.4 KitKat.
I dispositivi Android attualmente in uso in tutto il mondo (quindi limitandosi a quelli realmente “attivi”) sono ben 2,5 miliardi contro i 2 miliardi di maggio 2017.
Sempre in materia di sicurezza e privacy le app installate dovranno richiedere speciali permessi per accedere alle informazioni di geolocalizzazione e alle impostazioni di rete; l’utente potrà limitare o azzerare le attività che possono essere espletate dalle app in esecuzione in background; saranno attivate nuove restrizioni per ciò che riguarda l’accesso agli identificativi hardware (IMEI, numeri seriali, indirizzi MAC e così via); gli utenti potranno autorizzare l’accesso alla posizione geografica solo quando un’app è in primo piano; le app potranno usare delle sandbox proprie per gestire file e download.
Gli utenti avranno quindi “carta bianca” per gestire la libertà d’azione delle applicazioni installate e potranno godere di una maggiore protezione assicurata da parte del sistema operativo nei confronti di dati sensibili come gli identificativi del device, l’avvio automatico delle app (che per default sarà bloccato), l’accesso al file system e così via.
Una delle caratteristiche più impressionanti di Android Q si chiama Live Caption: essa consentirà di ottenere la trascrizione in tempo reale di qualunque flusso multimediale audio/video riprodotto sul dispositivo mobile.
La novità riguarda qualunque app, anche quelle non-Google, e si applicherà all’intero sistema operativo. Dopo aver attivato le opzioni di accessibilità, il pulsante Live Caption apparirà immediatamente sotto le regolazioni del volume.
Completano le novità relative ad Android Q il nuovo sistema parental control e la modalità Focus che consentirà di indicare quelle applicazioni che di solito sono fonte di distrazione. Nel caso in cui non si volesse essere disturbati, le notifiche di tali applicazioni verranno automaticamente nascoste.
Le notifiche diventeranno esse stesse “più vive” con la possibilità di interagire con i controlli di ciascuna app e di rispondere senza aprire le applicazioni corrispondenti in un maggior numero di casi. Sarà possibile impostare priorità per le notifiche e definire operazione che Android Q dovrà eseguire in automatico.
Ulteriori informazioni su Android 10 Q sono disponibili in questo post ufficiale.