I personal computer di più recente fattura non utilizzano più il tradizionale BIOS ossia quell’insieme di routine, scritte su una memoria non volatile montata sulla scheda madre, che fornisce le funzionalità di base per l’accesso alle risorse del computer (hardware e periferiche) da parte del sistema operativo. Il BIOS ha sempre svolto un ruolo di primaria importanza perché è proprio lui a fornire al sistema i primi comandi per l’avvio e per iniziare il cosiddetto processo di boot.
È il BIOS che fa partire i primi controlli sul corretto funzionamento dei componenti di base del personal computer (ad esempio RAM, tastiera, porte e dischi) ed è il BIOS che legge informazioni come data ed ora attingendo al contenuto della memoria CMOS tampone (mantenuta alimentata anche a personal computer spento mediante l’utilizzo di una batteria a forma di bottone).
Lo UEFI (si pronuncia più o meno “uify” ed è acronimo di Unified Extensible Firmware Interface) può essere considerato come il successore del BIOS, “interfaccia” posta tra il firmware ed il sistema operativo. Le specifiche di EFI (senza la “U”) furono inizialmente definite da Intel già a metà anni ’90. Se ne ricominciò a parlare, però, solamente dal 2003 e, soprattutto, dal 2005 quando Intel ha contribuito alla nascita dell’Unified EFI Forum, gruppo di lavoro composto da diverse aziende (AMD, American Megatrends, Apple, Dell, HP, IBM, Insyde Software, Intel, Lenovo, Microsoft e Phoenix Technologies), molte delle quali sviluppatrici di BIOS tradizionali, che ha rielaborato e migliorato le specifiche iniziali per sviluppare UEFI.
Rispetto al classico BIOS, UEFI abbandona la ben nota e scarna interfaccia testuale per abbracciare una più accattivante interfaccia grafica che, tra l’altro, supporta direttamente l’utilizzo del mouse.
Mentre il BIOS che, lo ricordiamo, è un vispo nonnino classe ’80, permette di gestire esclusivamente processi a 16 bit con la possibilità di indirizzare solo 1 MB di memoria, UEFI non soffre più di queste limitazioni e può operare in modalità a 32 o 64 bit con la possibilità di indirizzare un maggior quantitativo di memoria RAM in modo tale da assolvere a compiti nettamente più complessi.
UEFI può essere anche dal tutto indipendente dall’architettura dell’hardware e può integrare driver per componenti anch’essi indipendenti dalla tipologia di processore in uso.
Sui sistemi più recenti a cuore Windows 8 o Windows 8.1 è cosa frequentissima trovare UEFI insieme con hard disk che fanno uso di partizioni GPT (GUID Partition Table).
Anche lo standard GPT, direttamente supportato da UEFI, è stato pensato per superare delle limitazioni che, questa volta, riguardano il MBR (Master Boot Record), settore di avvio presente sul disco fisso che contiene informazioni di importanza cruciale per il corretto caricamento del sistema operativo.
Nel nostro articolo Differenze tra MBR e GPT. Ecco come vengono gestite partizioni ed avviato il sistema abbiamo messo in luce tutte le diversità tra GPT e MBR evidenziando quali sistemi operativi supportano l’uno e l’altro schema e come verificare quale si sta utilizzando.
Il nuovo UEFI, inoltre, si mette alle spalle i bip di errore coi quali il BIOS comunicava all’utente il malfunzionamento di questo o di quel componente hardware.
A parte che non ci sia qualcosa di essenziale a non funzionare (ad esempio il processore), UEFI è generalmente in grado di spiegare cosa non va e di avviare dei test di verifica.
Per accedere a UEFI da Windows 8 o Windows 8.1, coi nuovi pc, è necessario far comparire la barra laterale (charm; tasto Windows+C) quindi selezionare Impostazioni, Modifica impostazioni PC in basso. A questo punto bisognerà scegliere Aggiorna e ripristina quindi Ripristino.
In corrispondenza di Avvio avanzato bisognerà fare clic sul pulsante Riavvia ora.
Più semplicemente, si può scrivere avvio avanzato
nella casella di ricerca di Windows 8 o di Windows 8.1.
Nel menù Risoluzione problemi che comparirà dopo il riavvio del sistema, bisognerà scegliere Opzioni avanzate quindi Impostazioni firmware UEFI.
Cliccando su Riavvia, si potrà riavviare il sistema ed accedere a UEFI.
Dall’interfaccia di UEFI si potrà eventualmente disabilitare Secure Boot qualora fosse necessario. Secure Boot è un meccanismo che previene l’avvio di boot loader sprovvisti di firma digitale. Si tratta di una funzionalità che è stata da tempo avversata da parte della comunità Linux dal momento che può prevenire l’installazione di sistemi operativi di terze parti, assolutamente legittimi e benigni (ne abbiamo parlato nell’articolo Linux Foundation fa la pace con UEFI e Windows 8 e in queste pagine).
Qualora non fosse possibile installare uno specifico sistema operativo, basterà disabilitare Secure Boot in modo da poter tornare ad avviare liberamente qualunque prodotto.
Molti computer dotati di firmware UEFI consentono poi di utilizzare un BIOS “vecchio stile” in modalità “legacy”. Si può quindi utilizzare il BIOS legacy per garantire la compatibilità con i sistemi operativi più vecchi, ad esempio con lo stesso Windows 7.
Le funzionalità per il tweaking della scheda madre e dei vari componenti hardware, molto comuni sui BIOS tradizionali, possono essere o meno presenti sui firmware UEFI. Di solito le opzioni destinate a chi vuole “spingere un po´ più in là” l’hardware del personal computer sono integrate nei firmware UEFI delle schede madri disegnate con un occhio di riguardo agli overclockers.