ADUC, Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori, è sul piede di guerra. Nel mirino ci sono i sistemi operativi Microsoft che il consumatore trova generalmente già preinstallati all’acquisto di un nuovo personal computer. Nel caso in cui l’acquirente non sia interessato all’utilizzo di Windows, egli ha titolo per richiedere il rimborso della quota relativa alla licenza del sistema operativo preinstallata sul personal computer. Al primo avvio del sistema, infatti, vengono esposte le condizioni di licenza d’uso che prevedono il rimborso contattando il produttore hardware.
“Nulla di male“, osservano dall’ADUC “se non fosse che raramente le case produttrici dei pc ottemperano a questo obbligo contrattuale. Molte frappongono ostacoli pratici, altre ritengono che la faccenda riguardi solo l’acquirente e Microsoft“.
L’associazione fiorentina ha quindi deciso di passare all’azione individuando la responsabilità delle difficoltà degli utenti ad ottenere i rimborsi proprio nel comportamento e nelle pratiche di Microsoft, sebbene i produttori dell’hardware non siano considerati “incolpevoli”.
L’ADUC ha quindi presentato, presso il Tribunale di Milano, un atto di citazione – notificato anche a Microsoft – che, secondo quanto anticipato, fungerà da base per una vera e propria “class action“. I giudici milanesi decideranno, nel corso dei prossimi mesi, sull’ammissibilità del procedimento di azione collettiva, strumento che in Italia può essere utilizzato dal 1° gennaio 2010.
Ad ottobre 2007, l’ADUC aveva ottenuto una vittoria presso il Tribunale di Firenze a proposito degli stessi temi. La causa, definita “pilota”, promossa da un consulente informatico dell’organizzazione, mirava ad ottenere il rimborso a fronte di una versione OEM di Windows mai utilizzata. Dopo la sentenza favorevole ad ADUC, nel mese di luglio scorso il Tribunale ha rigettato l’appello del produttore hardware (HP) confermando la decisione precedente.